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Burn after read. A prova di spia

BURN AFTRER READING-A PROVA DI SPIA” di JOEL & ETHAN COEN; USA, 08.

Ozzie è uno spompato agente CIA licenziatosi. Un suo memoriale va nelle mani di una coppia di istruttori di aerobica, che tentano di ricattarlo. Ma inizia una sarabanda tra loro, la CIA, i Russi, mogli e mariti fedifraghi. Nonostante facciano parte del main stream hollywoodiano, avendo vinto pure un Oscar, bisogna dire che il cinema di questi fratelli terribili non è assimilabile a quei valori rassicuranti cui ci hanno  abituato gli Usa. Qui c’è una critica sferzante, assolutamente senza appello, sull’incapacità da parte della “Company” di gestire una qualche grana. Anzi: più vogliono mettere delle toppe, più creano altri casini. Alla fine è meglio che i vari soggetti vadano come meglio credono, facendo a meno del loro operato. Sembra un film di spionaggio, ma ne è solo la cornice. In realtà c’è uno spaccato al vetriolo su segmenti della società americana: tutti tradiscono tutti, soprattutto nell’ambito familiare. La famiglia è una specie di gabbia, dalla quale tutti, appena possono, cercano di scappare, ma nella quale non c’è la minima solidarietà con chi diviene debole o s’impoverisce. I soggetti forti sono le donne: non solo sono più decise e determinate e fanno meno chiacchiere rispetto ad un problema, prendendo saldamente in pugno l’iniziativa, ma possono essere più ciniche e cattive di questi maschioni narcisisti che giocano alla guerra senza avere la minima idea di dove si possa andare a parare. Non a caso, nel film, sono le uniche che sopravvivono, ottenendo, se non la felicità e l’amore, almeno la possibilità di raggiungere quanto desiderato. Il film va avanti come una commedia nera, sovvertendo, con cinica, allegra e anarchica anticonvenzionalità narrativa, ogni nostra aspettativa sui “buoni” e i “cattivi”. Lì si mostra che sono tutte persone stupide: ma è una stupidità collettiva, addirittura di un’intera nazione. Perché tutti si intromettono in ruoli che non sono propri, a partire dalla Cia che dovrebbe difenderli dalle “minacce estere” e non sa nemmeno affrontare il singolo caso di un suo agente. E’ chiara la  critica al modo balordo con cui la Compagnia ha affrontato le gravi crisi del nostro secolo: Iraq e Al Qaeda in primis. E’ questo il terzo titolo della trilogia della stupidità, tutti interpretati da George Clooney. E’ uno “sciocchezzaio” di articolata complessità, che coinvolge e sconvolge l’intera vita sociale americana: come nel capolavoro flaubertiano “Bouvard e Pécuchet”, è la somma della società che è tirata in ballo, perché la stupidità è il vero contagio, la sua cultura di base.