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Fede, Speranza, Carità: dono di Dio ai battezzati

Udienza generale dell’ 11.2.2009

BENETTO XVI HA ILLUSTRATO L’OPERA DELL’ EREMITA GIOVANNI CLIMACO
 

 

di Antonio Colasanto
 
 
Il Papa ieri ha ripreso le catechesi sui grandi scrittori della Chiesa di oriente e di occidente ed ha presentato la vita e l’opera di Giovanni Climaco monaco eremita cristiano nato in Siria e vissuto tra il V e VI secolo, dal 525 al 606, tra le montagne del Sinai, conosciuto anche con il nome di Giovanni della Scala o di Giovanni Siniate. Erano quelli gli anni del crollo di Bisanzio, capitale dell’impero romano d’oriente, e delle invasioni barbariche sotto il cui avvento torrentizio crollarono tutte le strutture dell’impero e ressero solo quelle della Chiesa che, in tempi difficili, continuò la sua missione attraverso la rete dei monasteri in cui operavano grandi personalità religiose e, tra queste, anche quella di Giovanni Calimaco.
Entrato nel monastero del Sinai all’età di 16 anni divenne novizio sotto la guida del monaco Martyrius e visse in quei luoghi di grandissima spiritualità ove Mosè incontrò Dio ed Elia ne udì la voce. Alla morte del maestro, desideroso di praticare a sé stesso grandi mortificazioni fisiche, si trasferì in una grotta ove cominciò a vivere da eremita. Vi rimase per circa 20 anni studiando e meditando tra le montagne del Sinai e del Tabor la dottrina cristiana e le vite dei santi e ponendo, così, le premesse per diventare uno dei più conosciuti dottori della Chiesa. Intorno ai 75 anni i monaci lo convinsero a diventare loro Abate, ma dopo 4 anni si dimise per tornare all’ eremo e prepararsi alla morte. Grande fu la sua reputazione fino a Roma, presso il Papa Gregorio Magno che pare lo avesse in grande considerazione.
Scrisse un gran numero di libri tra i quali il più noto è Klimax , anche conosciuto come “Klimax tou Paradeisou”. La scala o La scala per il Paradiso è uno stupendo libro in cui è descritto il metodo per elevare la propria anima a Dio, utilizzando appunto la metafora della scala. Il monaco Giovanni enuclea le principali virtù e i principali difetti della vita monastica, e indica nell’assenza delle passioni (apatheia) e nella pratica della preghiera del cuore (hesiychia) l’essenza della mistica cristiana. Un trattato, dunque, che presenta il cammino del monaco dalla rinuncia al mondo fino alla perfezione dell’amore salendo 30 gradini, ognuno collegato al successivo, al vertice dei quali vi sono le tre virtù teologali: fede, speranza, carità
“Il cammino - ha detto Benedetto XVI –  può essere sintetizzato in tre fasi successive: la prima si esprime nella rottura col mondo al fine di ritornare allo stato dell’infanzia evangelica… Il distacco volontario dalle persone e dai luoghi cari permette all’anima di entrare in comunione più profonda con Dio…
La seconda fase del cammino è costituita dal combattimento spirituale contro le passioni. Ogni gradino della scala è collegato con una passione principale, che viene definita e diagnosticata, con l’indicazione della terapia e con la proposta della virtù corrispondente. L’insieme di questi gradini costituisce senza dubbio il più importante trattato di strategia spirituale che possediamo… secondo Giovanni Climaco è importante prendere coscienza che le passioni non sono cattive in sé; lo diventano per l’uso cattivo che ne fa la libertà dell’uomo…
L’ultima fase del cammino è la perfezione cristiana, che si sviluppa negli ultimi sette gradini della Scala. Questi sono gli stadi più alti della vita spirituale, sperimentabili dagli "esicasti", i solitari, quelli che sono arrivati alla quiete e alla pace interiore; ma sono stadi accessibili anche ai cenobiti più ferventi”…
L’ultimo gradino della scala “è dedicato alla suprema "trinità delle virtù": la fede, la speranza e soprattutto la carità. Della carità, Giovanni parla anche come éros (amore umano), figura dell’unione matrimoniale dell’anima con Dio. Ed egli sceglie ancora l’immagine del fuoco per esprimere l’ardore, la luce, la purificazione dell’amore per Dio”. 
A questo punto, insieme a Benedetto XVI ci domandiamo: l’opera di questo monaco vissuto 1.500 anni or sonodi quale utilità può essere per noi, oggi ?       “ 
In un primo momento sembrerebbe che la risposta debba essere "no"- ha affermato il Papa iniziando una lunga e profonda riflessione – perché Giovanni Climaco è troppo lontano da noi. Ma se osserviamo un po’ più da vicino, vediamo che quella vita monastica è solo un grande simbolo della vita battesimale, della vita da cristiano. Si tratta di un simbolo profetico che rivela che cosa sia la vita del battezzato, in comunione con Cristo, con la sua morte e risurrezione. E’ per me particolarmente importante il fatto che il vertice della "scala", gli ultimi gradini siano nello stesso tempo le virtù fondamentali, iniziali, più semplici: la fede, la speranza e la carità. Non sono virtù accessibili solo a eroi morali – ha sottolineato con discorso chiaro e convincente Papa Benedetto – ma sono dono di Dio a tutti i battezzati: in esse cresce anche la nostra vita…. Fondamentale è la fede, perché tale virtù implica che io rinunci alla mia arroganza, al mio pensiero; alla pretesa di giudicare da solo, senza affidarmi ad altri. E’ necessario questo cammino verso l’umiltà, verso l’infanzia spirituale: occorre superare l’atteggiamento di arroganza… La speranza nella quale trascendiamo le cose di ogni giorno, non aspettiamo il successo nei nostri giorni terreni, ma aspettiamo alla fine la rivelazione di Dio stesso. Solo in questa estensione della nostra anima, in questa autotrascendenza, la vita nostra diventa grande e possiamo sopportare le fatiche e le delusioni di ogni giorno, possiamo essere buoni con gli altri senza aspettarci ricompensa… Nella carità si nasconde il mistero della preghiera, della conoscenza personale di Gesù: una preghiera semplice, che tende soltanto a toccare il cuore del divino Maestro…".
Usiamo dunque – ha concluso Benedetto XVI – di questa "scalata" della fede, della speranza e della carità; arriveremo così alla vera vita.”
                                                                                             
Antonio Colasanto