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Fratelli di marmo

A Ercolano sorgono piccole botteghe artigiane, lontane dal frastuono cittadino, che neanche ci si immagina possano esistere. E’ il caso di una marmeria storica, la più antica del territorio, guidata da due fratelli. Francesco Rinaldi ha 59 anni. Suo fratello, Matteo, 61. All’appello manca il più adulto, l’artista che ha sempre lavorato col papà, capace di lavorare il marmo a mano. Di anni ne ha 71 ed è in pensione. Dicono di lui che realizzi opere in esemplari unici, irripetibili:<< Alla morte del padre, gli dedicò una lapide in Ionice di Pakistan rifinita con cura>>. Peccato non potergli fare qualche domanda. I fratelli Rinaldi sono nati qui, alle falde del Vesuvio, ereditando il mestiere del padre, nato nel 1910 e che a dieci anni già lavorava in una marmeria. Matteo naviga nei ricordi e, sorridendo con la sigaretta tra le dita, rammenta di quando il padre, giovanissimo, litigasse con un amico, perchè a detta di quest’ultimo, prendeva un salario di una lira e due centesimi. Entrambi lavorano al seguito del papà dall’età di 15 anni. La loro unica scuola è stata la marmeria, la lavorazione e levigazione del marmo, materiale del quale l’Italia detiene le maggiori cave:<<Dalla Sicilia alle Alpi l’Italia è per quantità tra i primi paesi, anche se il marmo originario è di Massa Carrara>>. Il locale, modesto e spazioso, si trova in una traversa del Corso Italia, al centro di Ercolano. Dappertutto marmi, arnesi, banchetti da lavoro. Un tempo, la bottega era situata in via IV novembre, poi si trasferirono qui nel 1962. Hanno così appreso da ragazzi un mestiere duro che richiede attenzione e passione, sebbene, come afferma Francesco:<<A 20 anni nulla sembrava impossibile, ‘a forza ‘a tenevemo>>. Negli scorsi decenni, Ercolano fu al centro della massiccia edificazione di fabbricati, parchi e ville che interessò tutta la costa vesuviana, accogliendo molti napoletani che lasciavano la città per trovare tranquillità e pace a Resina e Bellavista. Sembra di vederli questi cantieri in costruzione, con gli operai che sistemano le impalcature e rombi di vecchi camion fumanti che alzano polvere tutt’intorno. Era questo il tempo in cui c’era molta richiesta di marmo, necessario per realizzare gli appartamenti e rifinirli con davanzali  e pavimenti di prima qualità, mentre i fabbricati venivano adornati di centinaia di gradini, quelle stesse scale solcate ogni giorno su e giù per andare a lavoro o a scuola. Un altro settore di riferimento per la marmeria riguarda i cari estinti. Non mancano infatti le lapidi funebri. Spicca tra le decine di lastroni accavallati, diversi per lunghezza e tonalità di colore, una piccola incisione dedicata ad un nonno defunto. Accanto a questa, un cognome inciso in una tavoletta di marmo bianco, destinata ad una cappella. Come lavora un’impresa di questo tipo? Quando la pietra giunge,  viene depositata in attesa di essere lavorata. Il marmo viene tagliato, portato ai macchinari per la levigazione. La lama è raffredata con acqua per non surriscaldarsi e rompersi. Successivamente la lastra subisce la levigazione a più riprese. I bordi verranno sagomati in modo da rendere l’oggetto rifinito e capace di riflettere la luce. Di quest’arte, i fratelli Rinaldi sono suggestivi detentori che mostrano il fascino della creazione, dalla pietra alla forma, dando vita a lavori di alta qualità e piccole opere di grande valore. Pensano di lavorare ancora qualche anno; purtroppo gli affari non vanno più bene come un tempo, essendo stata da sempre un’impresa di carattere familiare. Una crisi che va avanti da molto, per il mancato adeguamento tecnologico che consentirebbe di ridurre i tempi. Da più di 40 anni, infatti, la marmeria opera come piccola impresa artigianale, come se la rivoluzione dei macchinari non fosse mai arrivata. Tuttavia non mancano lavori artistici suggestivi che riscoprono l’arte di un tempo. Matteo mostra una dama in marmo bellissima. Da sola meriterebbe di essere inserita in una mostra o di entrare in un circuito dell’artigianato locale da far conoscere ad acquirenti esteri. L’impresa copre due piccoli locali che ospitano i laboratori per la lavorazione. La gamma dei prodotti non è molto ampia, la clientela è soprattutto locale. I prodotti che i fratelli Rinaldi producono e offrono sono di quel carattere prettamente tipico che meriterebbe uno sbarco su internet per aumentare la visibilità. Francesco scuote il capo:<<A Ercolano non si costruisce più come un tempo, la domanda è diminuita, in fondo non c’è lavoro per tutti, siamo 5 ditte in città>>. Oggi le ditte più avanzate tecnologicamente sono quelle che hanno maggiore voce in capitolo. Matteo si avvicina ai macchinari che hanno la sua stessa età, realizzati a La Spezia. Da un lato una fresa balilla, la più piccola per gli artigiani, serve a tagliare il marmo; poco più in là una levigatrice. I figli dei fratelli sono tutti fuori, chi si è arruolato nei carabinieri, chi invece lavora come autotrasportatore. Non se la sono sentita di proseguire il lavoro dei genitori e del nonno. Ad un certo punto, Matteo si avvicina ad un piccolo armadio, lo scrigno di reperti archeologici di inestimabile valore, “intoccabili” a detta del fratello più grande. Da uno scaffale ecco sul tavolo di lavoro i ferri del mestiere: una chiave fatta a mano dai “ferrari” dell’epoca che andava ad incastro per formare un trapano manuale. Lo proviamo assieme, riproducendo su un piccolo cubo di marmo la sua azione. Tirando le funi, il piccolo arnese scende in profondità. Incredibile. Sul finestrone è presente il motoflex del padre, un tre ruote a 160 watt, una sorta di aggeggio multifunzione che serviva a tagliare, lucidare e levigare. Altri tempi, quando la manualità era la caratteristica del lavoro artigianale. Oggi grandi macchine consentono di accorciare i tempi, garantendo una maggiore produzione che però, a detta dei fratelli, resta spesso invenduta, difficile da smaltire, proprio per una domanda carente. Cita a tal proposito un grande telaio che sega interi blocchi di marmo,che per rapidità e precisione è chiamato “jumbo”. Tanti colori di marmi accatastati l’uno sull’altro, luccicano accanto alle pareti: giallo di Siena, verde Alpi, Rosa Portogallo, Rosso di Verona. Originario della Campania è il Perlato, mentre la Sardegna è storicamente ricca di granito. <<’E tiempe se’ sò fatte malamente>>, esclama Francesco con un pessimismo dettatogli dalla dura realtà. Sono loro gli ultimi testimoni di questa professione. Allargano le braccia, un pò sconsolati, pur facendosene una ragione. Tornano al loro lavoro, c’è una piccola commessa da smaltire in mattinata, il tempo di finire un’altra sigaretta…