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Gratuità, il senso del volontariato. Intervista a padre Alex Zanotelli

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«Se tu la tua vita la tieni per te, sei morto… ma se sei capace di giocarti la vita, sei vivo» (Francesco Gheza).

Da questo incipt, prendono il via domande, risposte e riflessioni con padre Alex Zanotelli il 20 febbraio 2019, in occasione dell’incontro Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date, presso il centro di pastorale carceraria della diocesi di Napoli, diretto da don Franco Esposito, in Napoli alla Via Buonomo  nr 39. Arriva con il suo foulard arcobaleno: sereno nello sguardo, mite nel porsi, rassicurante nel parlare, cordiale e disponibile. Vangelo in mano, è dapprima il sacerdote a porre una domanda: «cosa significa il gratuitamente aver ricevuto e il gratuitamente dare…» e da una risposta ha inizio un faccia a faccia, o per meglio dire, un cuore a cuore.

Chi è padre Alex Zanotelli? Classe 1938, è un sacerdote e un missionario comboniano, fondatore di diversi movimenti che promuovono la pace e la giustizia solidale; una delle figure più carismatiche del cattolicesimo italiano. È l’ispiratore e il fondatore di diversi movimenti italiani tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale. Attualmente vive nel rione Sanità di Napoli, in una piccola casa ricavata dal campanile della basilica di Santa Maria della Sanità; il suo solo obiettivo è quello di «aiutare la gente a rialzarsi, a riacquistare fiducia».

Padre Alex, il gratuitamente aver ricevuto e il gratuitamente dare, senso del volontariato, che significato hanno?

«È quel qualcosa che va al di là del fare del bene, e va salvaguardato, una potenza straordinaria, come una profezia che genera punti interrogativi e rimette in discussione le fondamenta della società. È come una missione, stando presenti là dove la gente soffre, condividendo con loro e tentando di essere un piccolo segno di speranza; essere con la gente ed esserlo in modo semplice, con mezzi semplici, camminando insieme a loro, essere vicino ai poveri, agli ultimi… i poveri, quelli che mi hanno convertito, perché da loro ho ricevuto un nuovo battesimo, per solidarizzare con le loro sofferenze, con i loro dolori, per me è stata una discesa agli inferi. I poveri mi hanno insegnato a leggere la Bibbia»

 

Due scelte di vita: Nairobi e Napoli.

«Non è stata una scelta per me facile andare a Nairobi, ma ho capito che non potevo fare il missionario agli ultimi del mondo, vivendone fuori. Dovevo sentire sulla mia pelle quello che significa vivere in una baraccopoli. I dodici anni vissuti a Nairobi sono stati gli anni della conversione, e ho ripensato a tutto e ho visto quanto è assurdo tutto. Guardavo il mondo attraverso i piccoli fori della mia baracca, e ho visto il muro che separa chi ha da chi non ha: la netta divisione tra ricchi e poveri. Tra le baracche e i grattacieli di Nairobi c’è un muro immaginario, che divide tra chi ha e chi non ha; due mondi che tra di loro non si possono incontrare.Dopo la missioni in Africa è stata fondamentale la scelta della città di Napoli. Napoli è una matriosca. Anche qui ci sono due città in una, che non vogliono incontrarsi, la città bene e la città malamente, quella delle periferie.È più difficile vivere a Napoli che in Africa; qui ognuno cerca di risolvere i problemi da solo, manca la solidarietà che ho respirato in Africa. Per questo, stiamo cercando di creare reti, di mettere insieme la gente su obiettivi comuni, l’acqua, i rifiuti, ma non è facile. A livello giovanile il 70 % è disoccupato e viene poi intercettato per spacciare cocaina. Nel rione Sanità, in cui vivo, vi è un solo istituto di scuola superiore, il Caracciolo, con una altissima percentuale di assenteismo scolastico … nel passaggio dalla scuola media alla scuola superiore vi è una perdita del 40% di ragazzini che finiscono per strada. Che fare?Potenziare le scuole, con personale docente all’altezza, in grado anche di riprenderli dalla strada, scuole aperte sino alla sera… e che la Chiesa si faccia parte in causa, attraverso, ad esempio, gli oratori, che siano concreto strumento di recupero sociale».

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padre Alex Zanotelli

Padre Alex Zanotelli e la Chiesa, appena citata, intesa come comunità ecclesiale: può ritenersi pronta ed è in grado di camminare sul percorso indicato da Papa Francesco?

«La comunità ecclesiale trova difficoltà nel contestualizzare il messaggio di Papa Francesco in opere. Il problema è di legare fede e vita, perché spesso e volentieri i riti non conciliano con la realtà storica attuale. Infatti il ruolo delle chiese locali non è sufficiente; certo bisogna essere grati per i tanti gesti di carità e assistenza diretti ai bisognosi, ma tutto questo non basta. Le chiese non devono entrare in politica ma hanno il compito di chiedere giustizia e verità per gli esclusi».

 

Padre Alex Zanotelli e i giovani…

«Mi sono confrontato e ho imparato dai giovani: è inutile parlare agli adulti.  La mia generazione, quella che è passata per le guerre, ha violentato il Pianeta: “Ragazzi, vi presento il mondo malato, frutto della mia generazione”. Lo ammetto, sono molto preoccupato per il futuro: la spinta missionaria in Italia sta languendo. Ma Papa, nell’Evangelii Gaudium, ci stimola a “uscire”. Come fare? La spinta al cambiamento non viene da ragionamenti o da discussioni teologiche, ma dalla testimonianza concreta di gente che sa rischiare. Abbiamo bisogno di testimoni. Un missionario che vive e cammina con i poveri del Sud del mondo deve avere il coraggio di ritornare nel Nord e raccontare quanto si vive al Sud. Impariamo dagli ultimi della storia: la capacità che ti danno di credere che la vita vince nonostante tutto, la loro capacità, di danzare la vita, di credere che la vita vince, di lottare e di darsi da fare. Lasciamoci abbracciare da Dio e alla Sua onnipotenza, che con un amore infinito si china su queste creature, le stringe a sé. Come il papà che si prende cura, che non ti molla, che ti permette di ricominciare a sperare, ogni giorno, nonostante tutto».

 

Grazie a Padre Alex per averci regalato queste riflessioni.