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Il valore della solidarietà per una speranza dal volto umano

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La speranza al tempo della pandemia del Covid19, argomento di discussione del secondo appuntamento del programma televisivo È scesa la sera? La fede si interroga nella tempesta dell’epidemia, prodotto dalla sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale ed andato in onda il 22 maggio, alle ore alle ore 19.15, sull’emittente nazionale Padre Pio Tv. Protagonisti, oltre agli autori Michele Giustiniano e Carmine Matarazzo, sono stati il teologo e vescovo di Sessa Aurunca Orazio Francesco Piazza, il medico, bioeticista e senatore per la XVII legislatura della Repubblica Lucio Romano, il docente di teologia dogmatica don Edoardo Cibelli, autore del volume Coronavirus. Realtà e speranza. Un’invocazione al Padre, scritto e pubblicato proprio nei primi giorni di lockdown, che si sono confrontati sul tema Il valore della solidarietà per una speranza dal volto umano.

La speranza- È necessario, quasi obbligatorio, avere fiducia e speranza nel futuro. Almeno di un certo futuro che comincerà. Il potere della speranza, fonte di salvezza solo dopo un’attenta comprensione e rivalutazione di quello che stiamo vivendo. Per il vescovo di Sessa Aurunca Orazio Francesco Piazza «la speranza nasce da un incontro motivato dall’amore ed è il vincolo di un rapporto di amore tra Dio e l’uomo. Se non c’è amore non c’è la speranza, poiché la speranza si costruisce nell’affidabilità di questa relazione». La quarantena appena vissuta, non deve essere compresa come un avverso congelamento della vita che ci ha tenuto reclusi, ma come un dono, come un tempo nuovo, ampio e plastico, e un’opportunità per rincontrarci. Confinati nell’isolamento, l’umanità ha compreso forse meglio che cosa significhi essere una comunità, dove, pur senza toccarci, si è ritrovata l’una nelle mani degli altri. È stata questa, infatti, l’ora in cui, fuori dal proprio ego, si è potuto reimparare molte cose: il valore del saluto, lo stimolo di un complimento, l’incredibile forza che riceviamo da un sorriso o da uno sguardo, la costante presenza percepita di chi ci è caro e, a cui siamo cari, anche solo attraverso uno scritto. Senza che le nostre braccia si stendano verso gli altri, possiamo abbracciarli affettuosamente, come già facevamo o in modo ancor più intenso, comunicando, con questi abbracci reinventati, l’incoraggiamento, l’ospitalità, la certezza che nessuno è stato lasciato solo. Senza conoscerci, possiamo infine reimparare a non condannare nessuno all’indifferenza, a non trattare i nostri simili da sconosciuti.

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La scienza Il virus ha provocato grande dolore e «ci ha insegnato a rifare i conti con la paura di morire, qualcosa che abbiamo riscoperto essere umanissimo… la morte, lo scandalo cosmico, come diceva l’antropologo Alfonso Maria di Nola, che, forse, dalla nostra società, era stata radicalmente estromessa», come ha sottolineato il professore Carmine Matarazzo in trasmissione. «Il tono della morte ci ha posto davanti a interrogativi drammatici. Ci siamo confrontarci con la morte in maniera inequivocabile, che ha portato la dimensione della scienza a coniugarsi con quella della fede», nella considerazione del senatore Lucio Romano. Sia questo il tempo per avere un nuovo sguardo sul mondo, mettendo in circolo gli anticorpi necessari alla sopravvivenza, supportati dalla ricerca scientifica, fonte di speranza risolutiva, strumento per uscire dalla penosa emergenza sanitaria nella quale ci troviamo. Alla ricerca medica e biologica sono affidati i passi avanti che consentiranno, prima o poi, di venir fuori dalla pandemia. Ma i vaccini e le cure non bastano. È l’altruismo del personale sanitario, il sacrificio di chi assiste i malati, di chi si occupa della logistica, di chi sa servire il prossimo a costo della propria vita, ciò che, in Italia e in tutto il mondo, contrasta e contrasterà la pandemia. Comportamenti resi possibili solo in una società umana che sappia ancora pregare. «Siamo tutti nella stessa barca», ha detto il professore Lucio Romano «stiamo vivendo una grande pedagogia di vita, dobbiamo recuperare il grande insegnamento che ci è stato dato da questa pandemia: assistere significa essere realmente essere al fianco».

I cristiani, arcobaleni di speranza – Ora più che mai è urgente che l’umanità cristiana sia la sentinella del mattino, la vedette che annuncia la luce dell’alba e la nuova primavera, in unione solidale. «Solo quando si accorgeremo che senza l’altro non è possibile nulla, potremmo affrontare in modo dignitoso il limite che caratterizza la nostra esistenza e le nostre fragilità – commenta il vescovo di Sessa Aurunca Orazio Francesco PiazzaBisognerà maturare una sensibilità nuova, frutto della linfa della Resurrezione. Saperci legati l’uno all’altro, ci consentirà di costruire sentieri. La condivisione nella consapevolezza delle nostre fragilità costituisca la trama per costruire un uovo inizio». «Non bisogna mai perdere la speranza nell’avvenire, e nel fatto che possiamo fare sempre la differenza quando si è solleciti fino in fondo nel raggiungimento dei nostri obiettivi – conclude don Edoardo CibelliUniti, prepariamoci già a fare tesoro di tutto ciò che portiamo nel cuore, doniamolo agli altri, soprattutto a quelli che rischiano di perdere la speranza, e allora il nuovo giorno sarà già domani. Anche se il cielo è grigio, anche se piove, anche se tutto sembra paralizzato, noi cristiani siamo arcobaleno di speranza».