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Journal:



 

Finalmente in prima media: tutto nuovo. Compagni, materie, professori.
Nonostante fosse pigra, non vedeva l’ora di iniziare a studiare.
Il francese in particolare la affascinava da morire: tutti quei suoni
strani, mai sentiti prima, le cadenze, le liaisons. Aveva un’incredibile
voglia di impararlo e di dimostrare a tutti quanto le piacesse.
La professoressa, alta e altèra, ironica e fredda, aveva una sessantina
d’anni, capelli corti e tinti di rosso, occhiali enormi, ed emanava uno
di quei profumi di donna che lasciano la scia ovunque si passi.
Spesso, durante la lezione, infreddolita andava a poggiarsi al
termosifone, accanto alla finestra, vicino al primo banco. E vista da
quel primo banco, il suo primo banco, faceva uno strano effetto. Timore
e ammirazione. Purtroppo la ragazzina non poteva impegnarsi come avrebbe voluto. Non
aveva i libri. Non poteva comprarli. Ed era costretta a studiare di
volta in volta dalle fotocopie che non sempre riusciva a fare.
Un giorno non poté e andò a scuola senza aver fatto i compiti.
Ironia della sorte, proprio quel giorno fu interrogata.
La figura fu pessima e la prof si lamentò di lei con la zia che faceva
le veci della madre, costretta a lavorare. La vergogna l’assalì, non
avrebbe mai voluto che accadesse, non con il francese. Non con quella
professoressa. Non con lei. E sulla pagella del primo quadrimestre una C e una D.
Passarono i giorni e finalmente il libro arrivò. Poteva studiare come
voleva, poteva scrivere tutto ciò che ascoltava, leggere e sottolineare,
appuntare le pronunce delle parole, fare i compiti… "au" si legge "o",
"ou" si legge "u" e così via. E a casa leggeva, leggeva senza mai
stancarsi: "Comment tu t’appelle?" "Je m’appelle Paul, et toi?". Quasi
conosceva a memoria tutti i dialoghi del libro.
Era l’unica a offrirsi per leggere: le piaceva tantissimo. Temeva che
qualcun altro si proponesse al posto suo: doveva conquistare la
professoressa e si impegnava costantemente per riuscirci.
E quando venne il giorno delle pagelle era ansiosa di sapere l’esito dei
suoi sforzi: c’erano due A, al posto della C e della D. E lei non era
mai stata così contenta di un voto. Quella professoressa la accompagnò per tutti e tre gli anni di medie,
poi andò in pensione. Dall’ultimo giorno di scuola, quello in cui si fa
la festa di addio, non l’ha più rivista. Avrebbe voluto cercarla,
avrebbe voluto sapere dove fosse, se stesse bene. Ma non l’ha mai
saputo. Sperava di incontrarla, salutarla, dirle che le vuole bene. Ma
non l’ha mai fatto. Ancora adesso, quando cammina per strada le capita di sentire quel
profumo. Si gira a cercarla, si guarda intorno, scruta ogni donna.
Ma lei non c’è. Non c’è più.