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La vita del sacerdote dev’essere configurata a Dio

Perché un Anno Sacerdotale? Perché proprio nel ricordo del santo Curato d’Ars che apparentemente ha compiuto nulla di straordinario? E’ quanto Benedetto XVI si è domandato in apertura dell’udienza generale di oggi interamente dedicata all’anno sacerdotale da lui inaugurato venerdì 19, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e indetto in occasione del 150° della nascita al cielo del santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney.

“La divina Provvidenza – ha detto il Papa – ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo … Se i due Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati  … c’è però qualcosa di fondamentale che li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo che faceva dire a san Paolo: “ Sono stato crocifisso con Cristo. Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me ”. E san Giovanni Maria Vianney amava ripetere: “Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all’acqua”.

Scopo di questo Anno Sacerdotale, come Papa Benedetto ha scritto nella Lettera  inviata ai sacerdoti, è “di favorire la tensione di ogni presbitero verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero”, e aiutare innanzitutto i sacerdoti, e con essi l’intero Popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo, che senza la presenza reale di Cristo sarebbe perduto.

Il Papa, poi, sottolineando le mutate condizioni storiche e sociali nelle quali operò il Curato d’Ars si è domandato come sia possibile imitarlo immedesimandosi con il proprio ministero nell’ attuale società globalizzata.

“In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la “funzionalità” diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere – ha ammonito Papa Benedetto – la sua naturale considerazione anche all’interno della coscienza ecclesiale.”

E’ proprio il Papa  a denunciare  questa pericolosa tendenza.

E aggiunge: “Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero – ha richiamato Benedetto XVI – si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio…“da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento” Anche lo slittamento terminologico dalla parola “sacerdozio” a quelle di “servizio, ministero, incarico”, è segno di tale differente concezione. Alla prima, quella ontologico-sacramentale, è legato il primato dell’Eucaristia, nel binomio “sacerdozio-sacrificio”, mentre alla seconda corrisponderebbe il primato della Parola e del servizio dell’annuncio.

Non sono , dunque, concezioni contrapposte  – ha chiarito il Papa – e a ben vedere la tensione che pure esiste tra di esse va risolta dall’interno.

Alter Christus, il sacerdote – ha ricordato Benedetto XVI – è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso la forma di servo, è divenuto servo. Il sacerdote é servo di Cristo, nel senso che la sua esistenza, configurata a Cristo ontologicamente, assume un carattere essenzialmente relazionale: egli è in Cristo, per Cristo econ Cristo al servizio degli uomini.

Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello “stare cuore a cuore” con Lui. È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa.

“Il santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: “Come è spaventoso essere prete!”. E aggiungeva: “Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!”. Possa l’Anno Sacerdotale condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto… Affidiamo alla Madonna, Madre della Chiesa, – ha concluso Benedetto XVI – l’Anno Sacerdotale appena iniziato e tutti i sacerdoti del mondo.