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Liturgia ed evangelizzazione, l’ultimo convegno della CEI

Foto_Liturgia_evangelizzazione [1]«Chiesa che annuncia Cristo Signore, il suo messaggio di carità, siamo in ascolto della sua voce, dialogo aperto all’umanità». Queste parole di un canto in uso nelle nostre Comunità in Italia ben riassumono i contenuti e il significato del Congresso su Liturgia ed evangelizzazione. La Chiesa evangelizza con la bellezza della liturgia, svoltosi presso la Pontificia Università Gregoriana dal 25 al 27 febbraio scorso e voluto dall’Ufficio Liturgico Nazionale.

Il tema è stato sollecitato in modo particolare dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium, dedicata all’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Papa Francesco, infatti, in essa ci ricorda: «L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella liturgia […]. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi» (EG 24). È da leggersi, inoltre, nel contesto del cammino della Chiesa italiana, impegnata nel decennio 2010-2020 a promuovere itinerari di riflessione e progettazione pastorale volti a “educare alla vita buona del Vangelo”. E, infine, come preparazione al prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze, che non mancherà di offrire spunti per uno sguardo liturgico sulla decisiva e urgente questione dell’annuncio cristiano.

Ad aprire i lavori è stato il vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia Alceste Catella, il quale ha ricordato che «riflettere sul tema liturgia ed evangelizzazione non significa mettere in rapporto due termini cercando dei punti in comune. Significa, invece, affermare che la liturgia è una realtà evangelizzante in se stessa e da se stessa». Il cristiano è l’opera della liturgia; essa lo forgia, lo forma, lo custodisce. «L’accedere alla liturgia per una vita intera è, infatti, ciò che tiene in vita il nostro “essere cristiano”, personale come comunitario», ha evidenziato il presule.

Ecco, dunque, il significato delle giornate romane: senza liturgia, cioè senza il nutrimento solido della parola di Dio e il pane sostanziale dell’Eucaristia, senza l’azione dello Spirito, la consolazione del perdono e la bellezza della fraternità il cristiano deperisce, degenera, muore. Da qui le cinque relazioni del congresso, di taglio interdisciplinare, offerte da esperti quali don Paolo Tomatis e monsignor Pierangelo Sequeri, il filosofo Paul Gilbert, i monaci Giorgio Bonaccorso, benedettino, e Goffredo Boselli, della Comunità di Bose. A essi si sono affiancati ventuno Workshop sulle questioni aperte della liturgia (primo annuncio, sacramenti, ars celebrandi, arte e architettura, musica e canto, attenzione ai poveri, liturgia delle ore, pietà popolare, ecumenismo…).

La domanda che ha attraversato i lavori del congresso è questa: la liturgia che viviamo oggi nella Chiesa, la liturgia voluta dal Concilio Vaticano II è in grado di essere il luogo in cui i fedeli possono essere soggetti della fede cristiana, capaci di sperimentare che cosa la fede permette di vivere, capaci di accogliere una speranza da offrire e proporre agli altri uomini? Oppure la liturgia è tentata di diventare un “non-luogo”, cioè uno spazio in cui gli uomini non vivono il loro oggi nell’oggi di Dio, in cui non trova accoglienza l’umanità reale, concreta e quotidiana, in cui si consuma un “sacro” che nulla ha a che fare con Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente?

La risposta è venuta dal cardinale Angelo Bagnasco, che ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella Chiesa del Gesù giovedì 26 febbraio. «La bellezza che il mondo contemporaneo desidera, la comunione delle diversità, la sintesi del molteplice, può essere trovata nella liturgia», ha affermato nell’omelia il presidente della Cei. «La bellezza è armonia e cifra, è una punta rovente e avanzata dell’umano che porta, in modi plurimi, sulla soglia di un “oltre” che misteriosamente affascina, poiché la creatura – impastata di limite – sente che l’infinito è la sua vera casa e il suo destino». «Se la liturgia “pare astratta”», ha ammonito il porporato, «è perché noi la teniamo fuori dal cuore e dalla vita, mentre essa chiede di entrarvi». «Essere continuamente evangelizzati» per poi, «rigenerati, tornare alla vita quotidiana»: è questo, per il cardinale Bagnasco, ciò «di cui abbiamo bisogno noi credenti».