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Madagascar 2. Via dall’isola.

MADAGASCAR 2. VIA DALL’ISOLA di ERIC DARNELL,TOM McGRATH; USA, 08.

I soliti malefici pinguini convincono i 4 amici dello zoo di New York (Alex il leone, Marty la zebra, Melman la giraffa, Gloria l’ippopotamo) a lasciare l’isola. Per errore atterrano nella Savana, dove Alex ritrova i suoi. A tre anni dal primo la Dreamwork sforna il sequel: un’operazione riuscita. Le idee di base, non solo grafiche, ma tematiche e riguardanti le impostazioni dei personaggi, restano le stesse, ma hanno una significativa evoluzione, assicurata dall’intervento in sceneggiatura di Etan Cohen ( da non confondere con Ethan dei due Coen, con Joel), uno dei più capaci. In effetti gli spunti narrativi nuovi sono numerosi. C’è un antefatto che riguarda  Alex: e siamo nettamente in zona “Re Leone”, con il cattivo fratello del re, che nel suo untuoso, vigliacco ma improvvido congiurare, risulta tra i più riusciti personaggi. Del capolavoro del 94, l’intuizione più profonda è dello spazio visuale della Savana: esso ha una caratterizzazione scenografica che fa da cornice espressiva a tutte le sotto storie del film, e nastro trasportatore con cui viaggiare nella nostra fantasia. In questo respiro narrativo, il personaggio di Alex ha un’ulteriore caratterizzazione: in effetti è un “giovane” emigrante che, catturato fuori della riserva, portato ed “educato” a New York, si esprime facendo spettacoli, al contrario di ciò che è la realtà dell’Africa: anche se vivono all’interno di una riserva, quindi anch’essi protetti. C’è spazio in più per i pinguini: essi diventano un collettivo irresistibile di tutto rispetto, anche quando s’interfacciano con le scimmie-sindacaliste. Se pure l’ispirazione lontana sono i disneyani Qui Quo Qua, si vede più distintamente  il ”passaggio” verso i grandi disegnatori Tex Avery e Chuck Jones (quelli di Bug’s Bunny e famiglia). L’ispirazione che viene da loro non è solo nel tipo di cromatismo adottato, ricco, ma più marcatamente definito; ma nella caratterizzazione, più sul cattivo e grottesco, che sulla beatificazione familistica. Folle, ancora più apertamente, “gratuitamente”, cioè senza nessuna spiegazione aggiunta, è la figura del re dei Lemuri: egli coinvolge i creduloni abitanti in un rito che ha l’aspetto di una grande kermesse, ritratta con felice senso della coreografia: non però quella ordinata della Disney, bensì vitalmente incasinata. Anche gli adulti di New York, capitanati dalla terribile vecchietta karateka, presente in accenno nel primo, hanno uno sviluppo: essi, in nome della sopravvivenza rambesca nella natura, alterano gravemente  l’equilibrio ambientale: sono una minaccia per la sopravvivenza dell’intera fauna, ed è una metafora su cui riflettere.

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