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MAGNIFICA PRESENZA

Pietro Ponte è un gay, catanese, pasticciere, emigrato a Roma come aspirante attore e in convivenza forzata con otto fantasmi alle prese con problemi di autocoscienza. Tanto lavoro per Elio Germano, che fornisce comunque un’interpretazione all’altezza.

In Magnifica presenza si scorgono diversi riferimenti: Ozpetek strizza l’occhio a Questi fantasmi! di Eduardo, ai Fantasmi a Roma di Pietrangeli, ai pirandelliani personaggi in cerca d’autore e allo humour di Woody Allen. Il risultato è, come lo definisce lo stesso regista, “complesso”: Pietro traghetterà gli spiriti verso la drammatica verità del loro passato e per tale via, all’ineludibilità del loro destino. Il lieto fine è tipicamente ozpetekiano: sospeso, malinconico, persino esistenzialista, sì, ma delicatamente (si tratta pur sempre di una commedia).

Ciononostante, chiunque ami sinceramente il regista turco, naturalizzato italiano, non giudicherà un capolavoro questo film, ché non ha presa emotiva sullo spettatore; ché favoleggia troppo, perdendo quel contatto con la realtà che ha fatto la fortuna di Ozpetek; ché è ironico ma non abbastanza pungente.

È il cast a soccorrere una trama che tende ad illanguidirsi col passare dei minuti. Azzeccati i camei, fuorché quello di Platinette, che si limita a rubare qualche vezzo a Marco Belelli, alias Divino Otelma.

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