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Pompei in 3D al Mann

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Il Plastico di Pompei,  un modello di sughero, intonaco e carta, opera d’arte estremamente incantevole e ammirevole,  dal 19 maggio diventa anche virtuale.  Al Mann di Napoli presentazione del progetto di rivalorizzazione del Plastico di Pompei a cura dell’Istituto per i beni archeologici monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche diretto da Daniele Malfitana. Digitalizzazione di un monumento come esempio di utilizzo efficace delle nuove tecnologie al servizio della cultura.

Il Plastico – Siamo nel lontano 1861, quando l’ispettore agli scavi Giuseppe Fiorelli commissiona la costruzione di un imponente plastico in sughero (5 metri per 4), per riprodurre in scala 1:100 la città romana sepolta dall’eruzione del Vesuvio, costituendo l’unica documentazione esistente delle strutture e decorazioni nelle zone danneggiate dal trascorrere del tempo o scomparse in conseguenza di eventi bellici. Dopo continui spostamenti tra Napoli e Pompei, fu smembrato per custodirlo e proteggerlo dagli eventi del secondo conflitto mondiale, per essere infine ricomposto e collocato nel Museo nel 1950. Nella riproduzione mancano solo l’anfiteatro, l’insula occidentalis e l’insula  della regio VIII, oltre alle evidenze venute alla luce durante gli scavi effettuati nel corso degli ultimi decenni del XX secolo.

 

La digitalizzazione dell’opera – Una nuova mappa virtuale, navigabile dall’alto o in street view, fino a zoomare sui dettagli più minuti, ottenuta attraverso 1500 scatti realizzati con una metodica detta macroaerofotografia. Con un carrello mobile appositamente costruito per effettuare le strisciate fotografiche sull’area del plastico, gli specialisti del Laim hanno potuto acquisire il dataset necessario alla fotomodellazione 3D dell’intero plastico, delle singole insulae e delle singole domus, che d’ora in poi saranno perfettamente navigabili. Inoltre, nel nuovo allestimento l’uso di rendering e altre ricostruzioni permetterà di fornire ai visitatori anche la documentazione sulle aree degli Scavi all’epoca non riprodotte nel plastico, come ad esempio la zona dell’Anfiteatro, di via dell’Abbondanza e della via Di Nola.

 

E non finisce qui - Intanto è partita la seconda fase del progetto: i dati forniti dal plastico sono messi a confronto con le reali strutture di Pompei, allo scopo di censire i siti più degradati e bisognosi di cure. Già esaminate le Domus della Caccia antica e del Citarista, insieme all’Officina di Vesonio Primo. Per pianificare al meglio i prossimi interventi di conservazione, i risultati andranno a integrare le informazioni raccolte dai droni del Pompei Sustainable Preservation Project nella necropoli di Porta Nocera, sviluppato dall’Ibam insieme all’Istituto Fraunhofer di Stoccarda.

 

Le dichiarazioniPaolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico: <<Questo lavoro svolto insieme al Cnr si inserisce nell’ambito di una più ampia politica che stiamo portando avanti  e che considera la tecnologia non come forma di spettacolo ma strumento di facile accessibilità per finalità divulgative. Sarebbe interessante estendere nella riproduzione 3D i dati monumentali provenienti dagli scavi degli ultimi decenni; a tale operazione, si potrebbe affiancare una nuova, migliore musealizzazione della Sala del Plastico, creando magari nella balaustra superiore un percorso contemporaneo>>.

 

Valeria Sampaolo, Conservatore delle collezioni del museo partenopeo: <<La grandezza del Plastico sta non solo nelle sue dimensioni ma anche e soprattutto nel suo valore scientifico. L’operazione di digitalizzazione del Cnr consente di abbandonare definitivamente alcune strade che si volevano intraprendere nel recente passato al fine di una migliore fruizione, come quella, ad esempio, di tagliare a metà il plastico; da oggi, invece, grazie a tale lavoro sarà possibile per l’utente visualizzare comodamente su uno schermo persino i più piccoli elementi presenti nel monumento>>.  

 

Giulio Amara, ricercatore del Cnr: <<La lavorazione artistica del sughero, oltre che nel presepe, trova un suo autorevole modello nell’attività di Giuseppe Altieri che realizzò già nel 1784 per la corte di Svezia un piccolo plastico del tempio pompeiano di Iside. Rispetto a tale esperimento, nell’opera del Mann si coglie un approccio più avanzato di tipo topografico che è stato adottato anche nella nostra attività di digitalizzazione. È  stato possibile, inoltre, riscontrare nel plastico alcune divergenze rispetto alla reale situazione archeologica e ai disegni eseguiti nell’Ottocento, errori tollerabili, se si considera il valore avveniristico del monumento per l’epoca in cui fu concepito>>.