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Quando la notte: il romanzo diventa un film

La scrittrice e regista Cristina Comencini incontra alla Feltrinelli di Napoli il suo pubblico, in occasione dell’uscita del film Quando la notte, tratto dall’omonimo romanzo, insieme ai due protagonisti.

Claudia Pandolfi e Filippo Timi sono Marina e Manfred, un uomo e una donna che si desiderano in una continua sfida e che raccontano una storia di amore estremo.

<< E’ stato il film più faticoso da dirigere - afferma la Comencini – a cominciare dal luogo delle riprese. Abbiamo girato in alta montagna, sotto il monte Rosa e il rapporto forte, quasi violento, con la natura ha di sicuro dato molto al film.>>

<<Un’ olimpiade emotiva e fisica>>, così la Pandolfi descrive la sua esperienza nel film, impegnativa sia per l’altitudine sia per i sentimenti che la storia vuole raccontare. Le differenze palesi tra uomo e donna nel vivere un rapporto, la loro distanza colmata dall’unico elemento congiunto, il bambino; i retroscena della maternità, vista sempre e solo come qualcosa di dolce ma che in realtà è un sentimento potente, che cela dolore e violenza; il modo in cui anche gli uomini concepiscono la loro prima donna, la loro madre, e quanto questo influisca sul rapporto di coppia. Il film è tutto questo, ma non solo.

<<E’ sempre stato un nodo centrale della mia vita. Avevo la sensazione che ci fosse un grande silenzio su questo argomento. Ho sentito il bisogno di dire, attraverso il film, che dietro una madre c’è prima di tutto una donna, un essere umano>> spiega la Comencini, evidenziando come la difficoltà di dover rappresentare cose che non si dicono, ma si pensano, abbia reso eloquente il silenzio della montagna.

<<Non ho avuto problemi a ricordare il momento buio, di disagio, quel non so che, proprio di ogni madre nel dover gestire un bambino piccolo - continua la Pandolfi - è ovviamente una sofferenza dolce, perché siamo qui anche per questo>>.

Quando la notte è dunque una storia forte, coraggiosa, che mette a nudo verità forse scomode, le stesse che sono costate anche la censura. Un film sovversivo, come lo definisce Filippo Timi: uno scalino evolutivo dei sentimenti, che dà voce a quello spicchio di realtà cruda, vera, che nessuno vuole vedere.