Il punto G deve il suo nome all’iniziale del suo scopritore Grafenberg, il quale descrisse una regione anatomica della donna capace di determinare intensi orgasmi che possono, in alcuni casi produrre l’ eiaculazione femminile.
Per molti anni questa regione anatomica è stata avvolta da leggende metropolitane riguardo la sua esistenza, però finalmente nel 2008 un endocrinologo italiano Emmanuele A, Jannini, insieme alla sua equipe medica dell’università dell’Aquila ha dimostrato la sua esistenza attraverso una semplice ecografia transvaginale.
La ricerca si è basata sull’ecografare la vagina di venti donne, di cui dieci riuscivano ad avere solo orgasmi clitoridei e altre dieci invece avevano entrambi orgasmi. Nelle ecografie si è infatti dimostrato la presenza di un’inspessimento della parete anteriore della vagina e posteriore alla vescica costituito da tessuto nervoso, che poi sarebbe la parte interna clitoridea.
Il risultato della ricerca pubblicato sul Journal Sexual Medicine dimostra che anche attraverso la visita ginecologica si può scoprire la presenza del punto G, che in molte donne rimane ignorato.
Studi successivi inoltre dimostrano che un punto G atrofico, dovuto a bassi livelli di testosterone può essere trattato ormonalmente, mentre la totale assenza di punto G viene spiegata come una variante genetica, che non deve far sentire la donna in disagio in quanto come Jannini stesso afferma non esistono due orgasmi ma è sempre lo stesso a cui si può arrivare mediante due interruttori diversi.