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Il cristianesimo promuove la cultura e il progresso

di  Antonio Colasanto 

Terminati gli esercizi spirituali e accolto da 20mila pellegrini il Papa è tornato in piazza San Pietro per la catechesi del mercoledì questa volta dedicata a San Bonifacio.

1300 anni orsono Bonifacio, vescovo anglosassone, è stato un “grande missionario”-ha subito detto Papa Benedetto- che si adoperò con instancabile impegno nella diffusione del Vangelo in Europa centrale con   “grandi risultati “ tanto da essere ricordato come “apostolo dei Germani.”

E’ opinione diffusa tra molti storici che senza l’opera missionaria di Bonifacio non ci sarebbe stata l’organizzzione politica e sociale europea di Carlo Magno.

Bonifacio o Winfrid, nato da famiglia inglese del Devonshire  il 673 o il 680, è stato monaco benedettino nell’abbazia di Exester e di Nursling prima d’intraprendere la missione evangelizzatrice delle popolazioni di Europa oltre il Reno. Con un gruppo di compagni nel 716 si recò in Frisia (l’Olanda di oggi) ma dovette registrare un insuccesso per le  ostlità tra il duca Radbod   e Carlo Martello. Bonifacio non si perdette d’animo e spinto dal suo entusiasmo si recò a Roma per pregare sulle tombe dei santi martiri e ottenere la benedizione del Papa Gergorio II che ne sostenne e incoraggio lo slancio missionario e gli affidò con lettere ufficiali la missione di predicare il Vangelo tra i popoli della Germania.

In tre anni, accolto bene dai Sassoni, che risposero con entusiasmo alla sua predicazione, percorse gran parte del territorio e  operò le prime conversioni. Convocato a Roma, Papa Gregorio II, per la sua attività instancabile e per i grandi risultati conseguiti, gli impose la dignità episcopale e “fu lo stesso Sommo Pontefice –ha detto Benedetto XVI- a consacrare  Bonifacio“Vescovo regionale” –cioè per tutta la Germania- , il quale riprese poi le sue fatiche apostoliche nei territori a lui affidati ed estese la sua azione anche alla Chiesa della Gallia: con grande prudenza restaurò la disciplina ecclesiastica, indisse vari sinodi per garantire l’autorità dei sacri canoni, rafforzò la necessaria comunione col Romano Pontefice: un punto che gli stava particolarmente a cuore. Anche i successori del Papa Gregorio II lo ebbero in altissima considerazione: Gregorio III lo nominò arcivescovo di tutte le tribù germaniche, gli inviò il pallio e gli diede facoltà di organizzare la gerarchia ecclesiastica in quelle regioni; Papa Zaccaria ne confermò l’ufficio e ne lodò l’impegno; Papa Stefano III, appena eletto, ricevette da lui una lettera, con cui gli esprimeva il suo filiale ossequio”.

Questo grande e santo monaco, che aveva lasciato la tranquillità del monastero per seguire il divorante ideale missionario di portare la Parola di dio a tutti gli uomini, prima di organizzare la Chiesa sulla riva destra del Reno nel 743  fondò, tra  Hessen e la Turingia, l’ Abbazia di Fulda che divenne polmone di spiritualità e di cultura religiosa in Germania.

Fulda –ha ricordato Papa Benedetto- “fu il cuore e il centro di irradiazione della spiritualità e della cultura religiosa: ivi i monaci, nella preghiera, nel lavoro e nella penitenza, si sforzavano di tendere alla santità, si formavano nello studio delle discipline sacre e profane, si preparavano per l’annuncio del Vangelo, per essere missionari. Per merito dunque di Bonifacio, dei suoi monaci e delle sue monache – anche le donne hanno avuto una parte molto importante in quest’opera di evangelizzazione – fiorì anche quella cultura umana che è inseparabile dalla fede e ne rivela la bellezza”.

Lo stesso Bonifacio – che aveva la sede episcopale a Magonza – ci ha lasciato diverse opere letterarie: un Epistolario che raccoglie sia le lettere pastorali che quelle ufficiali, e altre di carattere privato che illuminano su fatti sociali, sul suo temperamento e sulla sua fede profonda, un Trattato di Grammatica latina e di Sintassi , fondamentale per diffondere la fede e la cultura, e un Trattato di  Metrica per le composizioni poetiche, e anche una raccolta di 15 Sermoni.

Con la collaborazione “di monaci e monache – che aveva chiamato dai cenobi benedettini della sua terra – e che gli prestarono un validissimo e prezioso aiuto il Santo Vescovo potè assolvere al compito di annunciare il Vangelo e di diffondere le scienze umane e le arti tra le popolazioni germaniche. Egli infatti giustamente riteneva che il lavoro per il Vangelo dovesse essere anche lavoro per una vera cultura umana.

A 80 anni si preparò con 50 monaci a una nuova missione evangelizzatrice  e volle ritornare in Frisia e a Dokkun il 5 giugno 754, mentre stava iniziando la celebrazione della Messa, fu assalito da una banda di pagani e, anziché difendersi fece desistere i suoi difensori dalle armi e cadde sotto i colpi degli aggressori.

Le spoglie mortali portate  nel monastero di Fulda ricevettero degna sepoltura. 

Questo l’insegnamento fondamentale del Grande Vescovo Martire:

  • la centralità della Parola di Dio testimoniata fino al dono di sé nel martirio;

  • la fedele comunione con la Sede Apostolica.

         Bonifacio trasmise, alle Chiese del suo territorio di missione, questo spirito di

          coesione intorno al successore di Pietro determinante per porre le salde radici

           cristiane dell’Europa;

  • promosse l’incontro tra la cultura romano-cristiana e la cultura germanica. Sapeva infatti che umanizzare ed evangelizzzare la cultura era parte integrante della sua missione di Vescovo. Trasmettendo l’antico patrimonio di valori cristiani, egli innestò nelle popolazioni germaniche un nuovo stile di vita più umano, grazie al quale venivano meglio rispettati i diritti inalienabili della persona. Da autentico figlio di san Benedetto, egli seppe unire preghiera e lavoro, manuale e intellettuale.

 

La testimonianza coraggiosa di Bonifacio – ha concluso Benedetto XVI - è un invito per tutti noi ad accogliere nella nostra vita la parola di Dio come punto di riferimento essenziale, ad amare appassionatamente la Chiesa, a sentirci corresponsabili del suo futuro, a cercarne l’unità attorno al successore di Pietro. Allo stesso tempo, egli ci ricorda che il cristianesimo, favorendo la diffusione della cultura, promuove il progresso dell’uomo. Sta a noi, ora, essere all’altezza di un così prestigioso patrimonio e farlo fruttificare a vantaggio delle generazioni che verranno.

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