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Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo

Siamo nel 1957, in piena Guerra Fredda. Indy viene coinvolto nella ricerca del Teschio di Cristallo e della potenza che ne deriverebbe se si riuscisse a rimetterlo al suo posto, in un misterioso Regno sepolto. A tutto ciò sono interessati anche il KGB e un ragazzo. A 19 anni dall’ultimo (“I.J. e l’ultima crociata” con S.Connery) e a 25 dal primo (“I Predatori dell’Arca Perduta”), passando per il secondo (“I.J. e il Tempio Maledetto”, 84), la saga dell’archeo-esploratore trova il suo culmine. Anche per la data anagrafica di H. Ford che marcia, con grinta e allegro carisma, verso i 66 anni e la  serie di Indy si regge su di lui. E’ il protagonista che dà smalto e quel tocco d’ironia folle alla narrazione. Si fonda, come al solito, su una solida sceneggiatura, del navigato e abituato ai kolossal D.Koepp, che non dà tregua , per i continui cambi di scena e rovesciamenti di situazioni. Non c’è una sequenza cult assolutamente classica, originale  e mozzafiato come la fuga nei carrelli nella miniera di ”I.J. e il Tempio Maledetto”, o di altre rintracciabili negli altri capitoli, ma c’è l’inseguimento nella foresta con l’implacabile C.Blanchett nella insolita parte di cattivissima e piuttosto grintosa, con il corollario dell’attacco delle formiche cannibali (una sequenza assai riuscita, benché citazione da “La Mummia”; così come anche gli extraterrestri ricordano “E.T” e quelle misteriose presenze aliene di “A.I”) . Ma l’uso che se ne fa è discreto. Il film si diverte a giocare con più generi, ma senza violarli. Chi vede il film si aspetta, e troverà, un perfetto giocattolone in cui il protagonista gigioneggia, lasciando con eleganza lo spazio al giovane, che riesce, se non a competere, almeno a non sfigurare. C’è un po’ d’ironia sull’Indiana Jones finalmente padre, ma non c’è alcun approfondimento edipico: si vede che hanno evitato scrupolosamente ogni lettura intellettualistica. Lo scenario della Guerra Fredda è usato come in un fumettone con i cattivi chiaramente indicati, anche se l’FBI ha un ruolo di inquietante autoritarismo. Però ciò fa meglio rifulgere l’anima intrinsecamente anarcoide e adolescenziale  di Indy, più che una critica sulle istituzioni. In questo è fedele alle coordinate intensamente, vibrantemente americane del personaggio, espressione di un’America giovane e sognatrice, degli anni trenta del 900, allorché fu inventata. C’è solo il personaggio della KGBista che ha un maggiore spessore drammatico: pur di “sapere”, nel senso di potere accedere controllo che ne deriva, non esita a sacrificarsi. Il massimo di dittatura aspira al potere più pericoloso, che viene dalla scienza.

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