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La Chiesa delle donne della Certosa e Museo di San Martino

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Restituito alla città di Napoli un vero e proprio gioiello: al termine dei complessi lavori di restauro è stata riaperta il 12 dicembre 2018 la Chiesa delle donne della Certosa e Museo di San Martino, in un progetto di restauro i cui  lavori sono stati realizzati con i fondi del Programma Operativo Nazionale FESR 2014-2020 Cultura e Sviluppo coordinati dal MiBAC – segretariato generale e hanno coinvolto insieme al polo museale della Campania, per le rispettive competenze, il segretariato regionale per la Campania e la soprintendenza di archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli.

La Chiesa, le donne e la sua storia –  Dall’armoniosa facciata, accanto all’ingresso della Certosa di San Martino, ha una lunga storia iniziata dopo il divieto di ingresso alle donne nelle chiese delle Certose fin dall’origine dell’Ordine. Una proibizione confermata nel 1506 da Papa Giulio II, ribadita sia da Papa San Pio V, nel 1566-1572 con la Controriforma, che da Papa Benedetto XIV nel 1757. La soluzione di una chiesa esterna, con annesso giardinetto, piccola oasi di ristoro, fu realizzata intorno al 1590, negli anni del Priore Severo Turboli, a cui si deve il forte impulso innovatore che avrebbe trasformato l’intero complesso certosino. Alla Chiesa delle donne lavorò anche l’architetto toscano Giovanni Antonio Dosio, la cui maniera è ben visibile nella bicromia bianco/grigio cara al Rinascimento fiorentino e nelle reminiscenze classiche dell’ingresso sormontato dal bianco timpano triangolare della facciata e un suo intervento è leggibile anche all’interno.

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Il restauro  - Ha interessato la parte decorativa e quella architettonica dell’edificio, come si nota dalla riscoperta della facciata con il bassorilievo di San Bruno in adorazione nello splendido paesaggio francese di Grenoble che inquadra il portale di ingresso, e ha restituito alla chiesa la sua originale spazialità. L’intervento ha accresciuto la conoscenza del monumento, ripercorrendo con le indagini la storia delle sue fasi costruttive. I lavori, sin dai primi saggi di pulitura delle superfici, hanno messo in luce preesistenti fasi decorative e sono stati ripristinati i vividi colori degli affreschi del presbiterio, databili alla prima fase di edificazione dell’edificio, con l’ Annunciazione ai lati dell’altare e la morbida plasticità dei quattro Angioletti. Un’attenta descialbatura meccanica ha restituito gli stucchi seicenteschi nell’arco trionfale, policromi e originari dosiani e quelli, a tralci vegetali, della bianca ed elegante volta della navata. E’ stata riscoperta anche la doppia pavimentazione originaria, databile al primo quarto del XVIII sec , nella navata si nota il pavimento in cotto arricchito da una greca maiolicata mentre nella zona del presbiterio nella pavimentazione sono inseriti elementi decorativi. Per il riallestimento molto difficile è risultata la ricerca dei quadri che dovevano essere sull’altare e nella navata, soprattutto a causa delle direttive reali che nel 1806, all’inizio della dominazione francese (1806-1815), portarono alla requisizione di centinaia di dipinti della Certosa, con la sola eccezione della Chiesa principale, poi in parte restituiti nel corso del XIX secolo e in parte addirittura nel secolo XX.  Ma gli studi hanno permesso di ripristinare il nucleo di tre opere, come risulta da documenti e fonti del secolo XIX: San Bruno eremita, copia da Massimo Stanzione di Tommaso De Vivo, databile al 1822; La Madonna con Bambino che appare a San Bruno, da Giovanni Lanfranco, riferibile a Paolo Finoglio; Santa Barbara, tavola in corso di studio, di cui la recente pulitura ha rivelato la data 1583, consegnata dal Real Museo Borbonico ai Certosini insieme ad alcune delle opere requisite e originariamente sita nella Cappella Palatina di Castel Nuovo.

Il 13 dicembre la riapertura ufficiale – Nella chiesa della Certosa del cortile monumentale, la Fondazione Pietà de’ Turchini presenta le Cantate napoletane per la notte sacra. Interpretate dal soprano Roberta Mameli, e suonate dall’ensemble Talenti Vulcanici, diretti da Stefano Demicheli. Eseguiti i sontuosi uffici sacri che hanno caratterizzato l’epoca d’oro della scuola musicale napoletana, tra Sei e il Settecento. Da Alessandro Scarlatti all’ Alfonso Maria de Liguori della nenia-capolavoro Quando nascette Ninno, e ancora Francesco Manfredini, Giacomo Maraucci, Angelo Ragazzi, Francesco Provenzale. Evento inaugurale realizzato con la collaborazione dell’associazione Amici della Certosa di San Martino.