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La tipografia di una volta

Due signore si intrattengono accanto al banco. Sfogliano i biglietti di invito alla festa di addio al celibato del figlio e nipote: <<Sandro, è previsto un matrimonio di 600 persone, ho bisogno delle presentazioni ma ora pensiamo un attimo al celibato>>. Consultano attentamente un album di biglietti di ogni forma e colore. Ne giudicano i caratteri, il contenuto, si fanno consigliare. Alle pareti sono appesi diversi quadri d’arte contemporanea che richiamano l’antico mestiere della stampa, inventato in Europa dal tedesco Gutenberg col sistema della stampa a caratteri mobili, ma utilizzato probabilmente in tempi precedenti dai cinesi in forme simili. Due vecchie macchine d’epoca fanno bella mostra di sé all’interno del locale, assieme agli attrezzi per rimetterle in moto, tutti legati ad un pannello: martelli, pinze e giraviti. Sandro redige il testo per la signora:<<A che ora si sposano, alle 16.30? Bisogna scrivere le 16.00, si usa indicare mezz’ora prima, si fidi, in tanti anni ne avrò fatti centinaia di questi biglietti>>. Su un mobile poco distante trovano posto alcuni barattoli di inchiostro. Antico e moderno si mescolano con una moderna stampatrice e copiatrice presente all’ingresso. Tre bacheche di vetro mostrano i piccoli prodotti del suo lavoro: biglietti da visita, da battesimo, per ogni cerimonia e altri prototipi di uso comune. Tra i cartoncini con nomi e cognomi, spicca un vecchio biglietto ingiallito: "Ristorante Bar Incantesimo”. Sorgeva nel piazzale antistante la stazione della seggiovia, a quota 600 mt, sul Vesuvio. Il signor Alessandro Dionisi ha 57 anni ed esercita questo mestiere da quando ne aveva 8, andando a scuola e assistendo il papà al pomeriggio nella prima tipografia cittadina, aperta nel lontano 1954 sul Corso Resina. Un’attività che ha seguito con pazienza, imparando a manovrare le macchine e a supportare il papà, originario di Roma, nelle sue mansioni e regalandogli nel tempo sincere soddisfazioni. Nel 1967 trasferisce il locale per motivi di spazio alla Via Winckelmann, zona centrale che consentiva maggiori spazi per operare. Ha sempre trattato ogni lavoro che avesse a che fare con la stampa e la tipografia, cercando di venire incontro ad ogni tipo di richiesta, anche le più esigenti da parte di privati e commercianti: <<La tipografia è stampa e tutto ciò che è stampa si può fare>>. Per un periodo si è occupato anche di editoria, pubblicando un libro di poesia: <<Conservo ancora un articolo del “Roma” in cui il critico elogiava la lavorazione grafica invece di soffermarsi sul contenuto>>. Tra gli anni ’60 e ’70 diversi giovani hanno lavorato d’estate e altri ancora son divenuti dipendenti a tutti gli effetti. Col tempo però è subentrata una progressiva crisi del settore e l’evoluzione tecnologica, bisognosa di ingenti investimenti, si è riverberata sull’attività. E così Sandro si è ritrovato a gestire da solo il suo lavoro. Mostra con orgoglio i gioielli di famiglia, una macchina “piana” della Heidelberg che riporta una targa relativa ai 110 anni di produzione: 1850-1960. Il padre la acquistò seminuova nel 1968 è ad oggi è ancora perfettamente funzionante: <<Di modelli come questi, prodotti per realizzare grandi lavori a livello litografico, non se ne realizzano più>>. L’altra macchina definita “stella” supporta i piccoli lavori. Con la tecnologia avanzata che vede l’affermazione della stampa digitale, le macchine sono superate, eppure sono le migliori per precisione. La cucitrice assieme all’angolatrice servono a completare le opere. La sorpresa è costituita dai quadri appesi alle pareti. Portano la firma di Alfonso Marquez, artista molto conosciuto, nato ad Ercolano nel 1927 e spentosi nel 1997. Realizzò due quadri per la tipografia nel 1968, di cui uno rappresenta la macchina più grande, dalla quale nascono fantasiose lettere in fila, e l’altro che riporta, come in un grande manifesto pubblicitario, le iniziali dell’attività: T ed E ovvero Tipografia Ercolano. Sono tempi duri e lo avverte Sandro nella difficoltà per molti di giungere alla terza settimana, motivo che lo spinge ad assecondare la sua clientela, offrendo servizi di qualità a costi contenuti. Ritiene quello del tipografo un mestiere in decadenza che richiede impegno e dedizione, qualità un tempo più diffuse, sebbene la recessione in atto non consentirebbe neanche di assumere dipendenti. L’auspicio di Sandro è soltanto uno: arrivare ad ottenere almeno la pensione. <<C’è aria di crisi, non si lavora più come un tempo e non si produce granchè, ma tiriamo avanti con la dignità di ogni giorno>>.

  

  

 

 

 

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