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L’Immacolata Concezione e il dogma per l’oggi

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Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria fu procla­ma­to da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con queste parole: «Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina, che ritiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo (intuitu meritorum Christi Iesu), Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune (praeservatam immunem) da ogni macchia di peccato originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli».

Così la Bolla Ineffabilis Deus che lo ha affidato alla me­mo­ria storica. Ma, fin dagli inizi del secolo VIII, la Chiesa bizantina celebrava la “Festa della Concezione di S. Anna” Madre della Theotokos (“Madre di Dio”) il 9 dicembre. Una testimonianza, ancora in uso oggi nella liturgia di quell’antica Chiesa, è il poema di Andrea da Creta († 740): «Da te, o Vergine, montagna non tagliata, fu staccato Cristo, pietra angolare non tagliata da mano d’uomo, che ha congiunto la natura divina, per questo ti magnifichiamo esultanti, o Madre di Dio».

Altra testimonianza, stavolta monumentaria, è il cosiddetto Calendario marmoreo (IX secolo), che è possibile ammirare oggi nei locali dell’antica Basilica della Stefania, sottostanti l’attuale Palazzo episcopale di Napoli. In esso, scolpita nella pietra, ritroviamo la festa della Conceptio S. Annae Mariae Virginis ancora al 9 di dicembre. Si tratta della prima e sola testimonianza di questa festa mariana in tutto l’Occidente fin verso la metà del secolo IX, quando comincia a comparire, ma con un giorno di anticipo (all’8 dicembre), nei libri liturgici anglosassoni. Dunque, nell’Italia Meridionale soggetta ai Bizantini, abbiamo, fin dal IX secolo, testimonianza del culto e della festa dell’Immacolata.

Nel 1476 la festa fu inclusa nel Calendario romano. Sulle piazze d’Italia, predicatori celebri tessevano le lodi della Ver­gine immacolata: tra essi ricordiamo, San Leonardo da Porto Maurizio e San Bernardino da Siena.

Nel 1570 papa Pio V pubblicò il nuovo Ufficio e finalmente, nel 1708, Clemente XI estese la festa, divenuta d’obbligo, a tutta la cristianità.

Nel 1830 la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una “medaglia miracolosa” con l’immagine dell’Immacolata. Questa medaglia suscitò un’intensa devozio­ne, e molti vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma che ormai era nel cuore di quasi tutti i cristiani. Così, l’8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la Madonna esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata.

Quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes (11 febbraio-16 luglio 1858) furono una prodigiosa conferma del dogma. Infatti, fu la stessa “misteriosa Signora” a rivelare il suo nome alla giovane Bernadette Soubirous: «Io sono l’Immacolata Concezione».

Come ridire oggi, agli uomini e alle donne credenti del nostro tempo, i contenuti del dogma dell’Immacolata? Come rendere ragione, pur nell’ottica della fede, ai ricercatori della Verità, dopo 159 anni dalla sua definizione?

È necessario essere in profonda sintonia con il capitolo VIII della Costituzione sulla Chiesa, la Lumen gentium, e ripetere quello che ebbe a dire papa Paolo VI nel Discorso di chiusura della 3ª sessione del Concilio Vaticano II: «La conoscenza della vera dottrina cattolica su Maria costituirà sempre una chiave per l’esatta comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa». Sì, perché il dogma – questo come gli altri che riguardano Maria – trova la sua verità e il suo fondamento solo in una visione cristologica ed eccle­siale.

Quando Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata come verità rivelata da Dio, il protestante razionalista Harnack scrisse una frase spiritosa e incredula: «Ma quando, e perché, e da chi?». Sono espressioni ironiche perturbanti, ma possono essere motivo anche per i credenti di ricordare la lunga, sofferta ricerca teologica di questo privilegio mariano. Difatti, se già i padri della Chiesa d’Oriente, nell’esaltare la Madre di Dio, avevano avuto espressioni che la ponevano al di sopra del peccato originale, in Occidente la teoria dell’“imma­co­latezza” trovò una forte resistenza, non per avversione alla Madonna – che restava la più sublime delle creature – ma per mantenere salda la dottrina della Redenzione, operata soltanto dal sacrificio di Gesù Cristo.

Per cui lo studio sull’Immacolata divenne “calda materia”, soprattutto nel periodo della Scolastica: vi sono stati santi, dottori della Chiesa, Università Teologiche pro e contro questa verità. Fu il francescano Giovanni Duns Scoto (1265-1308) che riuscì a superare questo scoglio dottrinale con una sottile ma convincente distinzione: «La Madonna è stata redenta da Gesù con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Ella fu preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino».

«Potuit, decuit, ergo fecit» («Dio lo poteva fare, conveniva che lo facesse, quindi l’ha fatto!»), così argomentò il beato Duns Scoto.

Dall’infinito amore di Cristo verso la Madre – pre-redenta e colmata di Spirito Santo dal primo istante della sua esistenza – è derivato questo singolare privilegio che la Chiesa oggi celebra per farci meditare non solo sull’ineffabile bellezza dell’anima di Maria, ma anche sulla bellezza di ogni anima santificata dalla grazia redentrice di Cristo.

In un mondo che rapidamente cambia, vi sono alcune cose che non devono mutare. Tra queste c’è sicuramente il legame d’amore filiale tra i membri della Chiesa e la Vergine «piena di grazia» (Lc 1,28), che dalla Croce Gesù ci ha affidato come Madre (cf. Gv 19,27).

In mezzo alle gioie e alle attese, alle tristezze e alle angosce della vita, Maria è «segno di sicura speranza e di consolazione per il Popolo di Dio in cammino, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (Lumen gentium 68).

 

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