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Lo spazio bianco

E’ la storia di una donna emancipata, saggia, esistenzialista, sola per scelta ed orgoglio; di una solitudine che, però, diviene un pesante “fardello” quando si resta incinte a quarant’anni.

Inizialmente si ha l’impressione che il racconto insista sul solito cliché avventura sentimentale-gravidanza non desiderata-dramma dell’abbandono, ma bruscamente questa sequenza si interrompe per lasciare spazio al vero soggetto del film: l’universo celato dietro le nascite premature.

La location è un’insolita Napoli: quella notturna, folkloristica, artistica e culturale. La protagonista è una eccellente Margherita Buy – disinvolta sia nei panni di quarantenne dark che in quelli di donna madre – sulla cui interpretazione si regge, a onor del vero, l’intero film di Francesca Comencini. Non convince, in effetti, il presepe dei comprimari: studenti-lavoratori troppo riverenti, medici eccessivamente indulgenti, giovani madri esageratamente virtuose.

A tratti il film arranca; sequenze come quella del ballo in corsia appaiono tutt’altro che indispensabili.

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