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Nelle terre estreme

La rottura che Christopher McCandless – alias Alexander Supertramp – realizza è eccezionalmente radicale: non soltanto con l’American way of life, con la rete di relazioni amicali, con la propria famiglia, con un futuro pianificato e auspicabile per qualunque adolescente; rompe addirittura con la propria identità e, infine, con la vita stessa.

Cosa spinge un ragazzo di buona famiglia, neolaureato con lode all’Emory University di Atlanta, ad abbandonare ogni avere, a donare in beneficenza quanto risparmiato per il College, a cambiare nome e ad allontanarsi dalla civiltà per immergersi nella natura? E’ questo l’interrogativo che l’autore, Jon Krakauer, pone ai lettori; un interrogativo al quale McCandless probabilmente risponderebbe – parafrasando Thoreau –: «Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando tutto il midollo della vita e vagliando tutto ciò che non era vita, per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto».

Il tentativo di Krakauer è molto arduo: una ricostruzione di eventi con ben poche fonti a disposizione. Lo stile che ne deriva è inevitabilmente giornalistico, ma fluente.

La storia è stata rilanciata nel 2007 dal film «Into the Wild – Nelle Terre Selvagge», diretto da Sean Penn e interpretato da Emile Hirsch, con una stupenda colonna sonora firmata da Eddie Vedder.

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