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PADRI E FIGLIE

film_padri_e_figlie_locandinaKatie, giovane donna con problemi di affettività, a New York, non vede il padre, Jake, da 25 anni. Scrittore, è stato perseguitato dal trauma di aver perso la moglie, nonché madre di Kate, in un grave incidente stradale. È questo il quarto film (USA, 15) totalmente girato e prodotto negli States, diretto dal regista italiano Gabriele Muccino.

Lanciato da un interessante film adolescenziale, da lui scritto, interpretato dal fratello Silvio, “Come te nessuno mai” (99), ha ottenuto un solido e meritato successo con uno sulla generazione dei trentenni, “L’ultimo bacio” (2000) e “Baciami ancora” 09), con gli stessi dopo 10 anni; e uno su quella dei maturi quarantenni e dei giovani, loro figli, “Ricordati di me” (03). Tutti alle prese con le diverse crisi sia materiali che esistenziali e di ruolo, in cui le apparenze di ben registrate commedie collettive si sposavano abilmente con una radiografia accurata di  alcuni aspetti mostruosi e contraddittori della società italiana degli anni sotto esame. Ha lavorato anche in tv ed è anche un apprezzato regista pubblicitario.  Nel 2005 ha tentato l’avventura americana grazie all’incontro con Will Smith, che l’ha scelto per dirigere il film da lui prodotto, ideato e interpretato, “La ricerca della felicità” (06). Scelta intelligente e lungimirante: il film andò molto bene; meno bene il successivo (pure con W. Smith) ”Sette anime” (06). Malissimo, anche se non di bassa qualità, quello ancora successivo (“Quello che so sull’amore”, 09): superato il sodalizio con Smith, ci furono contrasti con la produzione e il protagonista , il divo Gerald Butler. Il senso di questa elaborata nota di presentazione è il seguente: a finale, si fa fatica a riconoscere in lui un autore, nel senso di portatore di un qualche messaggio stilistico e/o culturale assolutamente, genialmente originale. Mentre invece in Muccino si delinea la figura del bravo e dotato artigiano che, nel tempo, ha maturato un suo onesto, più che dignitoso e professionale modo di trovare, nelle proposte da lui realizzate, dei sentieri personali, che lo mettono incondizionatamente in contatto profondo con i pubblici cui vuole arrivare, che vuole investire e sedurre. In particolare, mi riferisco a  quella vena mélò che gli è più congeniale. I due film con Will Smith, dopo la riuscita serie delle commedie italiane, in tal senso sono le più esemplari.

Ma pure il presente film è su questo cammino stilistico-espressivo. Russell Crowe, non solo protagonista, ma anche produttore del film, è il gigante buono, dalla duttilità adeguata per far risaltare questo aspetto narrativo-caratteriale, in duetto con la bella e funzionale Amanda Seyfried; e insieme danno al film  la giusta spinta emotiva. Senza essere né ruffiani né superficiali, portano tutto intero il senso del proprio dramma personale all’interno del loro fare. Le insolvibilità del padre, che si ripercuotono sul personaggio della figlia young adult, hanno una patina di sincerità dolorosa. Esse comunque, in lei evolvono nella positività, grazie ad un confronto sia con se stessa che con gli altri; e anche alla sua professione di terapista della comunicazione, come avviene  nei confronti della bambina afasica.  Ben costruito è il personaggio della zia rancorosa, ma più che altro sola e sofferta, che però nel corso del film evolve con umanità e sensibilità: Diane Kruger, di bellezza statuaria, è di eccellente resa. Situazioni di malessere che del resto hanno accompagnato anche alcuni aspetti della vita del regista sia personale di formazione che nei confronti di uno dei suoi figli, che gli è negato. Anche se la sceneggiatura non è sua, ma di Brad Desch, se n’è impadronito con scioltezza: e l’ha sapientemente adeguata al proprio talento e ispirazione. Nella stessa misura, sono validi gli apporti tecnici: della foto, dell’eclettico Ralph Menzies jr., che ha saputo trovare il giusto raccordo tra i toni intimistici della luminosità adottata, e la riflessione ambientale-familiare; nonché della scenografia di Daniel D, Dorrance, di supporto all’andamento totale; e del montaggio di Padraic McKinley. Le musiche sono dell’italiano, molto dotato, e di casa anche a Hollywood, Andrea Guerra.