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Per mano mia – Maurizio de Giovanni

 

Ricciardi pensava ai morti.

Pensava che Natale o non Natale, festa o non festa,

fratellanza o non fratellanza, qualcuno moriva sempre, 

e che a lui toccava di vedere sangue e devastazione.

 

 

 

Per mano mia, di Maurizio de Giovanni

Einaudi stile libero big

18,00 euro, 313 p.

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Per mano mia è l’ultimo romanzo dello scrittore napoletano Maurizio de Giovanni che, come si legge in quarta di copertina, inaugura il nuovo ciclo incentrato sulla figura del commissario Ricciardi, un protagonista sui generis che merita qualche parola introduttiva. Luigi Alfredo Ricciardi, commissario di polizia nella Napoli fascista degli anni ’30, è un personaggio davvero singolare: ha la capacità di vedere i morti nel momento che precede l’ultimo battito di ciglia. Non solo. Ricciardi li ascolta mentre pronunciano le ultime parole. Questo potere, il Fatto, come lui lo chiama, non lo abbandona mai, è una condanna che lo costringe ad aggirarsi per le strade circondato da voci straziate che nessuno può sentire.

Siamo nella Napoli del 1931, a pochi giorni dal Santo Natale. Un funzionario della milizia portuaria e sua moglie sono stati brutalmente ammazzati nella loro casa a Mergellina. La donna, riversa a terra proprio all’ingresso della casa, giace in una pozza di sangue con un profondo taglio alla gola. Il marito, invece, è a letto, con il corpo martoriato da più di sessanta coltellate. C’è un particolare sul luogo del delitto: un presepe con una statuina mancante, quella di San Giuseppe, ridotta in pezzi e nascosta sotto il tavolino che accoglie il presepe. Anche questa volta i morti parlano a Ricciardi, ma le loro parole ultime non gli saranno di alcun aiuto.

Per mano mia è un romanzo indubbiamente affascinante. Per tanti motivi. Maurizio de Giovanni ha la rara capacità di narrare con discrezione, senza urlare o cercare a tutti i costi il colpo ad effetto.  E per questo non ci si stanca di ascoltarlo.  Racconta di una città meravigliosa e disperata, che dietro la maschera d’ordine e disciplina imposta dal fascismo, nasconde povertà e miseria, e lo fa con una passione che lascia trasparire tutto l’amore per la sua città. Questo romanzo è anche un piccolo compendio di cultura napoletana, una sequela di indimenticabili cartoline. C’è il racconto minuzioso delle tradizioni, la simbologia del presepe, i preparativi per il Natale. Il Natale. Quello dei ricchi e quello degli straccioni, dei pescatori e delle loro famiglie che lavorano giorno e notte senza sosta per tirare a campare. Il Natale vissuto come momento di speranza in un cambiamento che appare impossibile.

Infine c’è il teatro dei fratelli De Filippo, che presentano Natale in casa Cupiello per la prima volta. Insomma, è un libro in cui Napoli appare per quello che è. Un’eterna, meravigliosa contraddizione che mescola pura bellezza e nera disperazione, un enorme presepe di luci e ombre in cui il commissario Ricciardi dovrà muoversi, ancora una volta, lungo il confine tra la vita e la morte.

 

 

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