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Requiem for a dream

A Giovanni il Pocho

 Domenica pomeriggio. Giovanni prende il pallone e scende di casa subito dopo la fine del primo tempo di Udinese-Napoli. Nel parco i suoi amici ascoltano i commenti dei gol di Zalayeta e Domizzi. Sono tutti raggianti, sognano un piazzamento Uefa o addirittura la Champions League. Ricomincia la partita e pure Giovanni e gli altri si mettono a giocare. La voce di Auriemma si diffonde potente nel silenzio generale quando descrive le fulminanti accelerazioni del Pocho e, come d’incanto, le due partite si sovrappongono. Giovanni e il Pocho scattano entrambi sulla fascia destra, puntano l’area di rigore dribbling ad uscire e sinistro potente sotto la traversa. RETE…SI GONFIA LA RETE..Auriemma urla mentre Giovanni si toglie la maglia per la doppia felicità e corre abbracciato dai compagni di squadra, portato in trionfo come il suo idolo su un campo di calcio immaginario, senza stelle e finte veline a far da cornice. Ma solo un pallone da inseguire e buttare in fondo al sacco.

Lo chiamavano proprio così: Giovanni il Pocho. Ho provato ad immaginare una sua domenica con gli amici. Ho provato a farmi interprete di un suo eventuale sogno, trasformando un campetto di periferia nel Friuli di Udine. Ho provato, ma non credo di esserci riuscito. Giovanni era un ragazzo buono , tanto da immischiarsi in una lite per tentare di sedarla. Tanto da morire scaraventato sotto un tir dal balordo di turno che non aveva accettato la sua intrusione. Non ci saranno altre domeniche trascorse con l’orecchio incollato alla radiolina. E quando il Pocho andrà in rete, ci sarà un tifoso in meno ad essere felice. Ciao al Pocho. Amen, Giovanni.

 

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