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ROMANZO DI UNA STRAGE

Chi non ha vissuto quegli avvenimenti, come chi non li ha mai approfonditi, dovrà tenere assai desta l’attenzione, in particolare durante i primi quaranta minuti del film: nomi, avvenimenti, circostanze e intrecci vengono snocciolati a cascata, andando a costituire lo scenario della imminente tragedia. 12 dicembre 1969. Milano. Piazza Fontana. Ore 16.37. Un ordigno deflagra nella sede di un’affollata Banca Nazionale dell’Agricoltura, uccidendo diciassette persone e ferendone ottantotto. L’episodio marca convenzionalmente l’inizio della strategia della tensione.

Un cast di primissimo livello rende ancora più intenso un racconto che ruota attorno alle figure del commissario Calabresi e dell’anarchico Pinelli: personaggi talmente “cuciti addosso” a Mastandrea e Favino da accentuare la comprimarietà di tutti gli altri (con l’unica eccezione dello straordinario Aldo Moro di Fabrizio Gifuni).

Le prospettive dalle quali osservare il lavoro di Marco Tullio Giordana sono molteplici: storicamente ben documentato; intricato e stimolante come avventura investigativa; caldo ed empatico nel rapporto che crea tra lo spettatore ed i protagonisti, accomunati tutti (Calabresi, Pinelli, Moro) da una solitudine via via crescente.

La struttura in capitoli non influisce sulla fluidità narrativa, bensì agevola nel mettere ordine in vicende che tagliano trasversalmente le dinamiche personali e familiari dei personaggi, la politica, la non-politica e l’antipolitica (dei gruppi anarchici e dei neofascisti come dei servizi segreti).

Romanzo di una strage lascia trasparire un disincanto totale rispetto al principio della giustizia ed al suo deficit di implementazione: oggi come ieri resta solo un concetto astratto, una dichiarazione di intenti, sia quando si cerchi di farlo valere rispetto al singolo individuo (Giuseppe Pinelli in questo caso) e sia, soprattutto, quando viene soverchiato dalla ragion di stato.

Al termine della proiezione è la rassegnazione a prevalere nello spettatore, una rassegnazione “giusta”, più giusta e più vera delle verità storiche che Giordana avrebbe, secondo taluni, violato, attirando non poche stroncature ideologiche del proprio lavoro.

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