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Scetateve, Guagliune – Le canzoni di malavita (Parte quarta)

“E se ci fosse la paura alla base di tutto?”, ci si chiedeva nella conclusione dell’ultima puntata, parlando già di Camorra sull’onda lunga della canzone IL CAMORRISTA  di Ignazio Scassillo dopo la lunga escursione nel territorio della Guapparia e delle canzoni connesse. Certo la paura c’è, in alcune delle sue tante forme[1], tra cui sembra giusto comprendere l’esatto contrario, la assenza di paura, connaturata e patologica a volte, a volte reattiva e autoindotta. Per restare in argomento, credo si possa ritenere senz’altro probabile che chi sceglie di vivere nell’illegalità dichiarata sia conscio dei pericoli che correrà, come la morte violenta – propria e/o di chi gli è caro – e il carcere, eventualità che non possono non spaventare una persona normodotata.

Ma la paura, emozione primaria basata essenzialmente sull’istinto, può essere superata da istinti più forti, come quello del territorio, del branco, dell’imposizione di sé. Puntualmente le canzoni di malavita [2] seguono i percorsi – vari ma anche sottilmente uguali, che fin dall’inizio hanno condotto e forse ancora conducono all’irreversibile; le canzoni spesso mostrano l’altra faccia del malavitoso, quella dell’uomo che si cela dietro la maschera spietata del killer o del boss, tant’è vero che esse, assieme ad autori, musicisti, cantanti, sono non talvolta accusate di eccessiva simpatia per il Sistema[3], quando non di connivenza o collusione.

In MALAVITA, ad esempio, Mario Merola – http://www.youtube.com/watch?v=z0JydkirO30 – accusa “nu destino niro” di averlo fatto diventare malamente, lui che ‘na vota era “nu buono figlio, onesto e affezionato”. Strumento del fato, ovviamente, ‘na femmena perduta: e ti pareva. La storia, che la canzone narra per sommi capi, è a tinte molto fosche: due fratelli innamorati della stessa donna, l’uno uccide l’altro e la vecchia madre alla fine rimane sola, con “ ‘nu figlio muorto e l’ato carcerato”. La drammatica composizione permette di individuare alcuni temi tipici delle canzoni di Camorra: l’esordio malavitoso è spesso motivato dal caso o dal destino, il primo atto è normalmente un omicidio d’onore, il carcere segna un mutamento definitivo e automatico di status, una Soglia varcata senza possibilità di ritorno.

Il punto di vista cambia ma la sostanza è simile in SOTTO ‘E CANCELLE, qui interpretata egregiamente da Angela Luce: http://youtu.be/ztJMRyvweWg Il brano, di cui mi non è stato possibile trovare il testo nel Web[4], racconta di una donna che ha perduto il proprio innamorato, finito in carcere per aver ucciso un prepotente che voleva abusare di lei: ora è stata cacciata sia dalla propria famiglia sia da quella del ragazzo – affettuosamente chiamato “carceratiello mio” – e sta pensando al suicidio, ma sapendo che lui la ama decide infine di vivere, in un modo o nell’altro, e di aspettarlo fino a che lui uscirà. Al di là della tragedia personale, in SOTTO ‘E CANCELLE  è per noi, qui, di particolare interesse il vissuto carcerario che traspare dalle parole della donna affranta, insieme alla sua insistenza sul tema del “destino niro”:

“oje figlie  ‘e mamma, ca ‘nu destino niro ha condannato, dint’ ‘e cancelle site tutte frate” – “oje secundino, ca staje passanno ‘ a visita, dincello ca sto cca sotto a stu carceratiello” – “e prejo a vuie ca ‘nu sullievo date, cumpagne da sfurtuna, carcerate” – “giustizia io cerca e ha dda veni’ chell’ora”.

Il microcosmo del carcere acquista insomma dalle canzoni uno spessore esistenziale che rivendica se stesso ad onta di tutte le ghettizzazioni più o meno di comodo: i reclusi tornano uomini e individui, tornano in qualche modo tutti innocenti, in quanto vittime della società, del Sistema, della malasciorte, di se stessi. Per chi volesse approfondire l’argomento nella Napolisofia, ecco alcuni link a pezzi tutti interpretati da Mario Merola:

SO NATO CARCERATO

http://www.youtube.com/watch?v=p5nXMdpUylQ

CARCERATO

http://www.youtube.com/watch?v=fJtl6YHd31w

DICITE ALL`AVVOCATO

http://www.youtube.com/watch?v=FdQ8fMG3lf4

I STO’ CARCERATO E MAMMA MORE

http://www.youtube.com/watch?v=XK0kvnCOERw

MARIO MEROLA ”SUONNO E CANCELLE”.

http://www.youtube.com/watch?v=oPMzIbwzk3M

Quattro mura

http://www.youtube.com/watch?v=WUSrfewPeEo

In questa serie si inserisce a pieno titolo NATALE NGALERA cantata da Mario Merola

http://www.youtube.com/watch?v=noR-DFsqVr0 Bene si presta infatti a fungere da collegamento con un altro aspetto interessante per la Napolisofia, emergente da numerose canzoni: la religiosità che, in apparente contraddizione con ogni plausibile logica, costituisce un elemento biografico comune a molti malavitosi, capi compresi. E’ ancora una volta Mario Merola l’interprete di

MARONNA MIA – http://youtu.be/Rm37pzFl1Xs

E BRILLANT  RA MARONN – http://youtu.be/KoEVYPxuHf4

e AVE MARIA (nel “Re di Napoli”) – http://www.youtube.com/watch?v=uWfscPMMCN8

Una contraddizione, si diceva. I media non mancano di evidenziarlo, per esempio, ogni volta che qualche boss latitante viene preso e nel suo covo si trovano bibbie, altari, rosari, immagini sacre della più varia natura. Ma, si diceva anche, la contraddizione è solo apparente. In realtà perché non dovrebbe provare timor di Dio chi abitualmente delinque, prevarica, uccide? Al contrario dovrebbe provarne di più, sapendo di essersi posto al di fuori della Legge di Dio oltre che delle leggi degli uomini.

L’ultima paura, quella della dannazione eterna, non risparmia nessuno, tranne, forse, i veri pupari.

Al vertice della piramide della colpa, inattingibili anche se non inattaccabili, essi non si sporcano mai direttamente le mani e, come non temono la giustizia temporale di cui sanno come farsi beffe, così vivono come se quella spirituale semplicemente non esistesse. La “Scommessa su Dio” di cui parlava Blaise Pascal l’hanno fatta anche loro, puntando però sulla Sua inesistenza.

Non c’è che da sperare che abbiano scelto la carta sbagliata. Perché a differenza dei criminali patentati,  loro pupi, che sanno di poter in ogni momento essere incarcerati, uccisi, fatti oggetto di vendette trasversali e di poter prima o poi provare vergogna, rimorso e pentimento, i pupari sono i soli Intoccabili e neppure le canzoni riescono, se non per allusioni vaghe e quasi impercettibili, a restituire a costoro tutta la visibilità che sicuramente si meriterebbero.


[1] “La paura – afferma Wikipedia – è una intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto. È una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali.

[2] Naturalmente in questa sede è necessario limitare il discorso a quelle che rientrano nella Napolisofia, anche perché estendendolo ad altri ambienti geografico-culturali rischia di diventare enorme.

[3] Con il termine Sistema scritto con l’iniziale maiuscola indico, in questo particolare contesto, la Camorra.

[4] L’osservazione vale per tutti i brani qui ricordati.

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