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SCETATEVE, GUAGLIUNE – LE CANZONI DI MALAVITA (Parte Seconda)

Il Dizionario Etimologico Online riporta, sotto Guàppo:

“è voce del dialetto nap. e milan. Per Altero, Superbo, e confronta con lo sp. e port. guapo ardito, galante, avendo forse la base nella radici dell’ ang. sass. VAP-UL bolla d’acqua, onde il senso di cosa gonfia e leggiera e poi l’altro di millanteria, vanità.”

Sul Dizionario Online del C.D.S. leggiamo invece:

“guappo [guàp-po] agg., s. region.

agg. 1 Sfrontato, arrogante: presentarsi con un’aria g. – 2 Di eleganza volgare, pacchiana

s.m. 1 Camorrista napoletano 2 estens. Persona prepotente, arrogante. SIN bullo”

Mi imbarazza dover contraddire niente meno che il Corriere della Sera, ma credo che l’espressione “Camorrista napoletano” non corrisponda a verità. Ammetto che il dubbio mi era venuto da un po’: la Camorra rappresenta forse l’evoluzione, per così dire, della Guapparia come – l’abbiamo visto nella puntata precedente – secondo qualcuno il “Sistema” rappresenterebbe l’evoluzione della Camorra? Ho avvertito pertanto la necessità di approfondire l’argomento, naturalmente mantenendo come destinazione finale una migliore comprensione della Napolisofia nell’ambito delle Canzoni di Malavita, di cui ci stiamo occupando.

Alcune confermo ci vengono da un film del 1977 (1), “Onore e Guapparia”, diretto da Tiziano Longo. Riporto integralmente la trama inserita nella scheda del Sito, tranne per alcuni indispensabili emendamenti lessicali, ortografici, grammaticali e sintattici:

“Guappo e re del contrabbando di sigarette, don Gennaro Esposito gode del primato assoluto nel suo quartiere La Sanità e viene onorato in tutta Napoli. Un giorno, dopo una lunga permanenza a Milano torna in città Don Giggino ‘O Barone, un ragazzo di cui Don Gennaro aveva favorito la fuga per impedirne le intemperanze. Il nuovo venuto, appoggiato da organizzazioni criminali del Nord, offre a Don Gennaro forti cointeressi nello smercio della droga e, posto di fronte a uno sdegnoso rifiuto, inizia senza scrupoli un lavoro ai fianchi del maturo boss delle sigarette: un carico clandestino di don Gennaro viene denunciato alla polizia; poi viene diffusa la voce che donna Concetta, moglie di Esposito, lo abbia tradito con ‘O Barone, sua antica fiamma; in seguito, previa denuncia alla Polizia, si cerca di implicare don Gennaro nel contrabbando della droga usando le sue barche. Don Gennaro risponde ad ogni colpo, ma quando si profila un attacco diretto alla giovane figlia Assunta  si trova costretto a scendere in campo secondo il vecchio sistema. Nel corso di un notturno duello rusticano, Don Giggino rimane morto in un oscuro vicolo e Don Gennaro denuncia se stesso e l’assassinio compiuto per ragioni d’onore.”

La data di nascita relativamente recente del film dimostra che la Guapparia godeva ancora ottima salute in pieno tempo di Camorra. Inoltre il film non solo ci segnala che il territorio del guappo protagonista era la microdelinquenza (il contrabbando di sigarette) e non lo smercio di sostanze molto più pericolose e vietate, ma anche che il ricorso alla violenza poteva essere un’extrema ratio motivata dall’onore: riprova indiretta ma opportuna di ciò che dicevo  tempo addietro appunto sul tema dell’onore e sulla sua importanza nella Napolisofia. Vi ritorneremo ancora, inevitabilmente.

Non sono la sola, è ovvio, a pensare che Guapparia e Camorra non siano la stessa cosa. Il Sito PORTANAPOLI, ad esempio, contiene un breve articolo che tratta la figura del guappo, sostenendo che

“più che una figura popolare è una figura storica, apparsa nella criminalità napoletana verso il secondo dopoguerra. Su questa figura storica, rilevanti sono i testi di Francesco Barbagallo che, in La modernità squilibrata del mezzogiorno d’Italia, Piccola Biblioteca Einaudi, 1994, ci spiega in sintesi che il guappo era un “plebeo camorrista“ di origini borghesi, fortemente esibizionista, imprenditore criminale, svolgeva nella Napoli degli anni Cinquanta la funzione dell’intermediario mercantile tra i contadini e la commercializzazione dei prodotti agricoli.”

In questo caso è sulla datazione indicata che nutro seri dubbi, esistendo prove evidenti della necessità di anticipare di parecchio la comparsa del guappo sulla scena partenopea. Ma il testo citato prosegue:

“Il guappo era dunque colui che aveva assunto tutti i compiti svolti in passato dalle Borse merci, controllava l’esportazione ortofrutticola, stabiliva i prezzi e si interessava della contrattazione con terzi. Quindi il guappo nella realtà napoletana è allo stesso tempo un personaggio popolano, sociale, storico, criminale, giustiziere, malavitoso; è uno spirito libero, come lo definisce la giornalista Monica Florio nel suo libro Il guappo nella storia, nell’arte, nel costume, Napoli, Kairòs, 2004.”

E’ appunto al libro della Florio che faremo riferimento d’ora in avanti, procedendo di pari passo all’esame delle canzoni individuate per l’attuale serie di puntate. Ho cercato di seguire un filo narrativo nel riportarle e non è stato facile, visto che spesso le tematiche si presentano contemporaneamente in ogni singolo brano, ma di gran lunga più difficile è stato trovare i testi e soprattutto lavorare sull’ortografia (2). Nel suo ottimo lavoro la Florio dice del guappo:

sul finire dell’Ottocento questo spavaldo malvivente, abituato a taglieggiare il suo stesso ceto sociale di provenienza, era l’indiscusso re del vicolo, amato dagli artisti, rispettato dalla gente comune e temuto dalla giustizia [ … ] Carnefice e, al tempo stesso, vittima della maschera di maschio violento ed arrogante con cui poteva soggiogare il popolino che in lui ha proiettato bisogni ed aspirazioni frustrate.”

Alcuni guappi furono letteralmente mitizzati, come

“don Teofilo Sperino, uomo di rispetto, che fu ucciso nel 1893 da Andrea Forgione, nipote di Luigi Forgione, un impresario di un’agenzia di pompe funebri taglieggiata dal guappo. Stanco dei continui soprusi subiti dallo zio, il giovane aveva aspettato lo Sperino all’uscita del Teatro Partenope per sparargli [ … ] Deceduto fra atroci sofferenze alcuni giorni dopo l’agguato, lo Sperino avrebbe ricevuto funerali imponenti a testimonianza dell’ammirazione di cui godeva presso la gente [ … ] Lo stesso Sperino è citato da Ferdinando Russo nel suo racconto “Come divenni guappo”, deliziosa ricostruzione, tutta giocata sul filo della memoria, della consacrazione del poeta a guappetiello o sciammeria. Memorabile il momento in cui il Russo, ribellatosi ad un guappone che gli insediava la compagna, viene abbracciato da un guappo dall’aspetto ardito e leale che altri non era se non lo Sperino. Né deve sorprendere il singolare rapporto, intessuto di devozione e rispetto, che legava i guappi agli artisti. Altro che sbruffo (la tangente pagata ai guappi): gli artisti ricevevano protezione a titolo gratuito. Potenza dell’arte!”

Un altro guappo passato alla storia fu

“Rafele ‘o Buttigliere, [ … ] un tipo slanciato, vestito secondo lo stile dell’epoca, con un frustino tra le mani ed un garofano all’occhiello. Insomma, sembrava più un dandy che guappone [ … ] Come tutti i guappi, ‘o Buttigliere non era certo un cherubino. Durante un suo soggiorno in carcere, fu tradito dall’amante, una prostituta che lui stesso aveva liberato dall’esoso protettore. Per vendicarsi dell’affronto subito, il guappo non esitò ad intrecciare una tresca con ‘a Spugnara, la donna del rivale, il temibile Gennaro De Marinis, detto ‘o Mandriere. Lo scontro tra i due era a questo punto inevitabile. In un caffè nei pressi dell’Arco di Porta Capuana i due guappi si affrontarono. Fu ancora una volta Don Rafele, all’apparenza malato, ad avere la meglio. Con prontezza, estrasse dalle tasche un rasoio e una rivoltella. Immobilizzato con l’arma l’avversario, gli sfregiò con l’altra mano la guancia per poi fuggire, come un fantasma, sulla carrozzella con cui era giunto.”

Alla figura di don Rafele sembra ispirato direttamente il protagonista della canzone ‘O MASTO, che propongo nella interpretazione di Mario Merola:

http://www.youtube.com/watch?v=U8qBd3Ho4no

‘O MASTO

Co’ fazzolett’ ‘ e seta int’o sacchino
e na’ catena (…) c’ ‘a sterlina,
c’ ‘a mano d’int’ ‘a sacca
so’ pusitiv’ e scicco
e pront, sempe pronto a rraggiuna’.
All’erta, giuvino’, ca pass’ ‘o Masto:
susiteve, muviteve, pigliammece ‘o ccafè.
Io quanno dico voglio ‘avit’a movere,
scanzateve, scopriteve,
ca’ sta’ passann’ ‘o rre
e sultanto cu’ ‘na mossa
so’ capace ‘a fa’ tremma’.
Songo ‘nzisto ma so’ ‘e core

e  me faccio rispetta’.

Rosa ‘ e ringhiera,

i’ songo ‘o Masto ‘e chiste tre Quartiere:

Furcella, Pignasecca e ‘a Sanità.

Susiteve, muviteve, pigliammece ‘o ccafè.

‘O vero guappo nun è preputente,

è ‘ n ommo ggiusto (…)

Si vede cose storte

affronta pur’ ‘a morte

e nun ‘e fa paura ‘e l’affrunta’.

All’erta, giuvino’, ca pass’ ‘o Masto:
susiteve, muviteve, pigliammece ‘o ccafè.
Io quanno dico voglio ‘avit’ ‘a movere,
scanzateve, scopriteve,
ca’ sta’ passanno rre
e sultanto cu’ ‘na mossa
so’ capace fa’ tremma’.
Songo ‘nzisto
ma so’ e core

e me faccio rispetta’.
Frunnella ‘e rose,

so’ guappo, sì, ma so’ guappo signore:
porto rispetto, e m’hann’ ‘a rispetta’.
Susiteve, muviteve, pigliammece ‘o ccafe’!
Sciore ‘e amaranto,

ve dong’ ‘a bbonasera a tutte quante,

‘O Masto ve saluta e se nne va.
Bbonasera.

Una figura affascinante, inutile negarlo: malavitoso, sì, ma non un vero delinquente. Mi ricorda molto uno dei miei film preferiti, OPERAZIONE SAN GENNARO, di cui suggerisco innanzi tutto l’ineffabile scena finale

http://www.youtube.com/watch?v=msAvenMYNKI

Naturalmente il personaggio del Masto è più vicino al Dudù di Nino Manfredi che al don Vincenzo di Totò – lo stesso “don” che illumina quest’ultimo e manca davanti al nomignolo del primo lo dichiara – come si evince benissimo grazie alla scena seguente:

http://www.youtube.com/watch?v=d4U1AOXO2Mg

Il film comprende anche un’altra situazione che si collega strettamente al nostro discorso sulle canzoni napolisofiche:

http://www.youtube.com/watch?v=d4U1AOXO2Mg

Il riferimento, in particolare, va al Pasquale Cafiero, il Brigadiere di Fabrizio De André: di nuovo un piccolo cerchio che si chiude, ma altri ancora dovranno chiudersi prima di poter considerare  anche solo provvisoriamente finito il presente discorso sulla Guapparia. Stiamo lasciando indietro O Guappo ‘Nammurato – Povero Guappo – Guappetella  – Guapparia: e scusate se è poco. Dopo di che si dovrebbe parlare delle canzoni della Camorra e infine di quelle del Carcere. Chi vivrà vedrà.

(1)   Nel Sito YAHOO CINEMA.

(2)   Quasi un paradosso: una non-napoletana che deve emendare cose scritte nel Web, con ogni probabilità, da napoletani veraci. Eppure è così: tra elisioni, apostrofi e accenti c’è da perderci ‘a capa. In particolare, per ‘O MASTO ho dovuto trascrivere interi capoversi dal video, perché su Wikitesti, dove ho reperito l’unica versione scritta disponibile, mancavano del tutto, per tacere della qualità della trascrizione. Ho perciò indicato con (…) le espressioni che non sono riuscita a capire.

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