Print This Post

La telemedicina per i paesi in via di sviluppo

Questo l’argomento discusso lunedì 23 maggio, presso il centro congressi dell’Università Federico II in via Partenope 36 (Napoli), nel corso del convegno dal titolo “il cancro nei paesi in via di sviluppo: una nuova frontiera per la cooperazione sanitaria”, organizzato dall’ONG Patologi senza frontiere, l’IRCCS – Fondazione Pascale – Istituto Nazionale Tumori, con il patrocinio dell’UICC (global cancer control), in collaborazione con il CEICC- Europe Direct del Comune di Napoli e l’Osservatorio Euromediterraneo e del Mar Nero. L’iniziativa aveva lo scopo di sensibilizzare non soltanto i medici ma anche gli operatori nell’ambito sanitario e chiunque volesse essere informato sull’argomento. Tale necessità nasce dalla consapevolezza della grave carenza di un fronte sanitario attrezzato a combattere il cancro nei cosiddetti Paesi in via di Sviluppo. Secondo la direttrice del CEICC, Marilù Vacca, bisogna diffondere una nuova visione del finanziamento europeo insegnando soprattutto alle ONG a progettare ed ai cittadini europei l’importanza della cooperazione con i popoli del Mediterraneo; in questo Napoli, per la sua posizione strategica, riveste un ruolo internazionale fondamentale. L’anatomopatologo Roberto Monaco ha affermato che secondo le statistiche il cancro rappresenta un flagello nei paesi africani ed occorrono risorse per combattere il fenomeno tra cui patologi, medici con una precisa competenza. Dal 2000 Patologi oltre frontiere porta avanti una serie di progetti in diverse parti del mondo che prevedono la diffusione nei Paesi in via di sviluppo della telediagnosi, cioè la diagnosi attraverso internet. Fino ad ora l’ONG ha operato in Zambia, Uganda, Tanzania, Madagascar istruendo tecnici di laboratorio locali che sul posto siano almeno in grado di verificare se l’esito di un Pap test sia positivo o negativo. Il progetto ha riscosso grande successo tra la popolazione, inizialmente restia a prestarsi alle visite ed alle cure mediche. Fondamentale è stato il contributo dei mondiali di calcio 2010 che hanno portato anche in Sud Africa l’istallazione di fibre ottiche. E’ opinione comune ritenere che il cancro sia una malattia dei paesi industrializzati ma non è così. La prima causa di morte per le donne africane è il cancro dell’utero. Secondo i dati presentati in Tanzania e Zambia la percentuale di donne che ne sono affette è rispettivamente di 61,4 e 61,1 per cento mila donne. In Italia è del 3 per cento. Patologi oltre frontiera fornisce attraverso dei volontari in loco il personale e le attrezzature tecniche necessarie al progetto di tele patologia statica. I vetrini con le biopsie vengono inviati tramite internet e grazie a strumenti particolari gli anatomopatologi che appartengono all’associazione Patologi oltre frontiera possono accedere ad un server dove questi vetrini sono installati e leggerne i risultati. In poco tempo i vetrini consentono ai medici di fare la diagnosi. La telemedicina rappresenta il futuro anche dei paesi industrializzati.
Al convegno ha partecipato anche il presidente di Patologi senza frontiere, Vincenzo Stracca.
Secondo il dottor Enrico di Salvo il cancro è soprattutto il dramma dei paesi del terzo mondo popolati da due miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno. L’occidente che attraversa la crisi economica si sta occupando del problema ma non quanto dovrebbe.
La dottoressa Maria Stella del Sabata, direttrice dell’UICC ed affiliata al Fondo per la prevenzione oncologica Anglesio – Moroni di Torino, evidenzia l’importanza di interventi di cooperazione sul posto badando soprattutto alle condizioni del luogo in cui si opera, dove talvolta la tecnologia non funziona. Le statistiche riportate dalla dottoressa del Sabata, in base ad una recente inchiesta sulle malattie non trasmissibili, condotte nei paesi in via di sviluppo di Africa, America, Medio Oriente, Europa, Sud Est Asiatico e Pacifico, indicano ventisei milioni di nuovi casi registrati con una mortalità di diciassette milioni.
E’ molto grave se si considera che i Paesi a medio e basso reddito rappresentano i tre quarti della popolazione mondiale.
L’impatto economico globale del cancro in termini di morti premature calcolate dal 2008 è di 895 miliardi di dollari, escludendo i costi delle cure e dei farmaci. Ciò rappresenta l’1,5% del PNL (Prodotto Nazionale Lordo) del mondo e 83 milioni di anni di vita sana persi. L’ impatto economico del cancro è del 20% superiore all’impatto delle malattie cardiovascolari.
La prevenzione, secondo la dottoressa, permetterebbe di ridurre dal 30% al 40% l’insorgere di nuovi casi di cancro. La sfida è diffondere questo sapere ovunque nel mondo. Importate è ricordare il valore del Cancer Control, cioè quelle attività di sanità pubblica che mirano a ridurre l’incidenza della mortalità dei tumori, a migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie attraverso l’incremento di diagnosi precoce, trattamento e cure palliative. Tutti noi possiamo contribuire ad incentivare progetti di sensibilizzazione come questo nella speranza che anche le Nazioni Unite mettano presto a disposizione fondi strutturali, firmando online la dichiarazione mondiale contro il cancro, all’indirizzo www.uicc.org.
Il dottor Salvatore Vaccarella, ricercatore in statistica medica presso l’IARC di Lione, si è soffermato sulla diffusione del cancro nell’Africa subshariana. Secondo i dati, la popolazione africana conta 965 milioni di persone di cui il 41% ha meno di quindici anni. Molto diffuso è infatti il linfoma di Burkitt, che colpisce in prevalenza bambini. In Africa la prevenzione e la cura del cancro hanno una priorità inferiore rispetto alle malattie infettive (malaria), ai problemi di malnutrizione e mortalità materna ed infantile, e all’AIDS.
Al momento risulta che il 4% delle morti in Africa sia dovuto al cancro ma i report clinici sono influenzati dagli impianti disponibili. Secondo le previsioni, nel 2030 l’incidenza del cancro in Africa è destinata a raddoppiare.
La prevenzione è fondamentale, poiché a causare la maggior parte dei tumori della cervice uterina è l’HPV, papilloma virus umano. Importante è la diffusione del vaccino che però non è curativo ed ha un costo elevato perché prevede la somministrazione di tre dosi.
Il progetto dei Patologi oltre frontiera ha permesso a sette mila donne tra i venti ed i trent’anni in Zambia di sottoporsi al test usando sistemi di tele patologia statica.
Il diritto alla salute deve essere uguale per ciascun individuo nel mondo. L’obiettivo attuale dell’ONG è sfruttare la casistica raccolta in questi anni di attività a fini didattici e scientifici, ma per fare ciò occorrono personale specializzato e volontari coraggiosi. La sfida è puntare sul Pap test perché è d’obbligo mettere a disposizione dei Paesi in via di sviluppo le stesse risorse dei Paesi industrializzati. In palio c’è un futuro migliore, per tutti.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>