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“The hunting party” di Richard Shepard

 

Simon è un leggendario tv-reporter che in diretta ha dato i numeri, perché coinvolto personalmente  in una delle tante stragi nella guerra iugoslava. A cinque anni dalla sua fine, offre lo scoop al suo ex collaboratore: intervistare “la Volpe”, il teorico delle pulizie etniche, braccato e imprendibile. Il film è ispirato alla finta caccia che tutti farebbero ai due massimi responsabili delle stragi, degli stupri, delle deportazioni nella Bosnia durante la guerra iugoslava, perpetrate dai Cetnici serbi:  M.Karadzic e M.Vladic. Del resto è detto chiaramente nei titoli di coda e ivi si allude pure alla sedicente ricerca di Bin Laden. Tutti sanno dove siano rintanati, ma nessuno muove un dito per acchiapparli. Nel film è detto esplicitamente che la CIA lo protegge e ne garantisce l’immunità, insieme alla Russia, storica “protettrice” della Serbia. E’ un film politico? Si, ma nel linguaggio e nella sintassi hollywoodiana. C’è un divo, R.Gere, un po’ stropicciato, ma che fa sempre la sua bella figura, per carisma e aderenza; un sicuro talento di attore in ascesa, T.Howard; e un giovanotto da dirozzare. Insieme danno vita all’inseguimento, non prima di averci fatto palpitare per la crisi personale di Simon, che da giornalista di prima linea era diventato un ubriacone. Il regista, anche sceneggiatore, ha in pratica unito due storie: quella personale di Simon e dei suoi amici e la riflessione sul dopoguerra ambiguo nell’ex-Jugoslavia. Non ha voluto fare una storia “alla rambo”, cioè d’azione pura. Anzi, questo stilema è preso di mira nella ricorrente, ironica inquadratura tv di Chuck Norris, che con un mitra fa giustizia e “risolve” i problemi. La si può definire un’intelligente allegoria della CIA, che interviene a quel modo spettacolare, ma con pochissimi risultati di sostanza. Tuttavia, nel film è sapientemente immessa un’atmosfera di suspence, perché la distruzione e la violenza sono sempre in agguato, come nella parte ambientata nella enclave serba in Bosnia, sebbene non manchino momenti di commedia, talvolta anche surreale, come nei vari incontri col personale ONU preposto alla sicurezza e a alla caccia dei criminali di guerra. Ciò si deve agli attori e alla loro classe, grazie alla quale riescono con grande non-chalance a passare indenni da un registro all’altro. Ma questa è la caratteristica autorale del regista, vista già nel precedente e misconosciuto film “Matador” del 2005.

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