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Turismo dell’orrore, un preoccupante fenomeno in crescita

Definire questo fenomeno non è semplice nemmeno per gli addetti ai lavori. Anche coloro i quali hanno a che fare con la psiche e i comportamenti  umani non riescono a trattenere una certa perplessità di fronte a questo macabro fenomeno. Chiedersi come mai una persona rinunci ad una domenica di sole in allegria per andare a visitare il luogo in cui è stato ritrovato un cadavere è inevitabile. In questi ultimi anni  si è assistito ad un incremento di quel che viene comunemente definito “turismo dell’orrore”, che consiste in quella propensione da parte di molti che, spinti dalla curiosità, vanno in visita nei luoghi in cui sono avvenuti crimini particolarmente crudeli e che hanno suscitato un clamore mediatico di rilevanza notevole.

Ma perchè un gruppo di giovani decide di andare in pellegrinaggio verso un pozzo nel quale è stato gettato il corpo di una ragazza? Perchè fotografare il cancello di casa di un assassino? Perchè non andare allo stadio o in un agriturismo anziché girare video sulla scena di un delitto ormai anche risolto?

E’ difficile rispondere senza scuotere il capo in segno di disapprovazione.

Gli studiosi ammettono che non ci si ferma alla semplice curiosità ma è una sorta di voyeurismo  che induce a cercare informazioni e se possibile ad andare a vedere di persona quello che televisioni e giornali riportano quotidianamente. Difficile stabilire la linea di confine tra la cronaca e la cronaca morbosa di un delitto, ma certo è che i media spesso fomentano quel bisogno di “toccare con mano” la notizia. Numerosi sono i delitti che, specie nell’ultimo decennio, hanno invaso le programmazioni televisive di tutte le fasce orarie: da Novi Ligure a Cogne, passando per Perugia e Garlasco fino ad Avetrana , intere programmazioni messe su per sviscerare il come e il perchè di una morte assurda. Non più solo telegiornali e quotidiani, ma anche programmi di approfondimento, talk show e persino i contenitori della domenica; sfiorando quasi l’ossessività, il giallo diventa il colore del giorno. Gli ospiti in studio che danno pareri talvolta banali e scontati, servizi riproposti fino alla nausea e collegamenti con giornalisti che fanno la telecronaca dei movimenti alle loro spalle. Si fa leva sul lato morboso delle persone per renderle partecipi (forse in modo eccessivamente diretto e dettagliato) delle sventure di qualche ragazzina brutalmente assassinata, e si arriva al punto in cui la gente preferisce passeggiare per le strade di Garlasco in cerca di indizi sull’omicidio della Chiara Poggi di turno, piuttosto che rilassarsi in mezzo al verde di in un agriturismo del Piemonte. La cronaca nera è diventata un film giallo in cui l’intera popolazione si immedesima, e le indagini un argomento da bar su cui ognuno sente di poter dire la sua.Che l’informazione sia qualcosa di sacrosanto, da difendere e tutelare, non c’è dubbio. Anzi, in alcuni delitti gli operatori dell’informazione hanno offerto un fondamentale contributo alla soluzione di casi assai intricati. Ma è vero anche che in molte trasmissioni televisive pare ci sia un primario interesse nel bucare gli ascolti: lo share prima di tutto. O almeno questa è la sensazione che si ha nel vedere approfonditi aspetti irrilevanti misti a considerazioni personali, che alla fine dimostrano che la dura legge dello share non conosce limiti.

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