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Un Cuore Ruggente alla Feltrinelli di Caserta

[sfwp id=36 img=itemtype.png]Secondo un proverbio africano chi dalla vita vuole ottenere davvero qualcosa, trova una strada; tutti gli altri cercano una scusa. Per arrendersi? Per lottare? A domande come questa tenta di rispondere un’adolescente come Elin, la protagonista di [sfwp id=404 img=itemprop.png]Cuore Ruggente[sfwp id=2 img=closespan.png], opera prima della giovanissima scrittrice casertana [sfwp id=314 img=itemprop.png]Antonietta Bombardelli[sfwp id=2 img=closespan.png]. Domande che diventano dibattito e che si aprono al confronto nella serata di presentazione del suo romanzo alla libreria [sfwp id=434 img=itemprop.png]Feltrinelli[sfwp id=2 img=closespan.png] di Caserta, giovedì 10 Novembre. [sfwp id=345 img=itemprop.png]Risposte diverse come diversa è per sua natura la condizione umana. Una natura benevola e matrigna, che fa ricordare ad Anna Giordano, moderatrice dell’incontro, che il suo buon prof. di arte a scuola riteneva <<La Venere di Cnido essere la donna più bella al mondo, peculiare proprio in quanto strabica>>. Una natura saggia, che fa asserire alla docente di medicina tradizionale cinese Daniela Caruso dell’Università Orientale di Napoli, che <<Se incontri il tuo Buddha per strada, uccidilo>>, ovvero che nessun insegnamento è valido se non viene filtrato in modo critico dall’allievo, anche e nonostante la grandezza del maestro. Una natura impavida, che fa gridare senza remore al professor Vitaliano Ferraiolo <<Se il destino è contro di me, mi dispiace per lui!>>. Ma dagli intrecci del destino quotidiano a quelli immaginari di un libro, il passo è breve. Ecco perché prevale la voglia di capire quanto di autentico si possa trarre da un giovane alter ego letterario e dalla vicenda di una ragazza come tante, ma con una storia differente.

Elin vive sospesa tra due civiltà: quella asiatica, votata fedelmente al rispetto degli equilibri interiori dell’essere, e quella occidentale, inutile paladina dell’esteriorità, del culto del corpo perfetto, della corsa disperata per superare il tempo ed uccidere la bestia nera che ci attanaglia e che non vorremmo mai si chiamasse fine. In un mondo di vecchi vanagloriosi Peter Pan della letteratura giovanilistica, Antonietta riesce in una triplice e per nulla semplice impresa di mediazione. In primo luogo, è brava a maneggiare con cautela stilistica le sottili trame di forma e contenuto, intessendo un discorso scorrevole, ma mai scontato, privo di effetti speciali, eppure ricercato e fluido al tempo stesso nella descrizione del folklore orientale, intrisa di minuziosità nipponiche rese fascinose e sorprendenti. In secondo luogo costruisce un avvincente ponte semantico. Quello che la protagonista dovrà attraversare: su una delle sponde c’è lo spauracchio dei suoi limiti, sull’altra c’è la vera se stessa, la donna senza paura che vuole diventare. Su questo ponte ballerà la piccola Elin, nella danza dello shaolin, equilibrio perfetto tra vita e morte, yin e yang, ovvero l’arte marziale che ha scelto per combattere, crescere, superarsi e sentirsi viva. E poi, come terza prova di armonia dirompente, l’autrice riesce a beffarsi elegantemente degli opposti normale vs diverso. Ogni pagina è un colpo che mette al tappeto la normalità: immagine astrusa come il cerone di una maschera con difetto di fabbricazione. Paradossalmente, è proprio quel difetto che ci accomuna, facendo di ognuno di noi un diversamente abile quanto diversi sono gli scatti del tempo e i luoghi dell’anima.[sfwp id=2 img=closespan.png] [sfwp id=1 img=closediv.png]

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