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Vincenzo Romano e la gioia di un popolo: il parroco torrese sarà presto canonizzato

Basilica di Santa Croce (Torre del Greco)

Basilica di Santa Croce (Torre del Greco)

Cronaca di una canonizzazione annunciata e attesa: il beato Vincenzo Romano, sacerdote diocesano torrese, sarà iscritto nell’albo dei Santi domenica 14 ottobre 2018, dopo che, lo scorso 6 marzo 2018, con la firma del decreto da parte di Papa Francesco, è stato riconosciuto il terzo miracolo per sua intercessione: la guarigione di Raimondo Formisano, un marittimo ammalato di tumore che si riprese, nel 1989, senza aver fatto cura chemioterapica, chiudendo così il processo di canonizzazione. Gioia, commozione ed emozione per la Chiesa di Napoli e tra tutti i fedeli che hanno per il Santo parroco torrese sentita devozione.

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In diretta dalla Basilica Pontificia Santa Croce in Torre del Greco – Le campane in festa hanno accolto nella mattina del 19 maggio 2018, a Torre del Greco, l’annuncio. Dalla Basilica Pontificia, dove si trovano le spoglie del Santo, è partito l’applauso dei fedeli e l’abbraccio del popolo accorso per pregare ai piedi dell’altare dove è riposta la teca con la statua del Beato. Sulla facciata esterna della Basilica è stato esposto un drappo con un logo stilizzato che, richiamando l’arazzo già presente sull’altare maggiore, raffigura il Beato in gloria. «Con il drappo che resterà esposto per tutto l’anno», spiega il parroco don Giosue Lombardo, «vogliamo salutare la canonizzazione del Beato Vincenzo Romano che rappresenta per Torre del Greco un dono della Divina Provvidenza del nostro tempo». «ll logo realizzato dal grafico Giovanni Borriello di Serigraph racchiude in sé diversi simboli», spiega il viceparroco don Domenico Panariello. «In primo piano c’è il Beato in gloria, ma sullo sfondo ci sono la Basilica ricostruita proprio dal parroco santo e il Campanile scampato all’eruzione del 1794. In basso c’è anche un ramo di corallo che fa riferimento all’arte e all’assistenza che il Beato dava ai pescatori di corallo: non dimentichiamo che è stato lui a istituire la figura di cappellano di bordo. Ma il ramo di corallo simboleggia anche la sciabica che il parroco Vincenzo Romano, ispirandosi alla pesca a strascico, usava come metodo di evangelizzazione». L’annuncio della canonizzazione sarà celebrato con una messa di ringraziamento nella Basilica in Torre del Greco, il giorno 19 maggio 2018 alle ore 19.00, e il canto del Te Deum. Alle ore 22.00 inizio della veglia di adorazione, sino a protrarsi alle ore 8.00 del giorno successivo.

Tornando indietro nel tempo – 11 giugno 1775, una data da ricordare: è la prima Messa a Torre del Greco nella chiesa di Santa Croce, del sacerdote Vincenzo Romano.  Nessun torrese, quel giorno, volle privarsi della gioia di partecipare al rito. Da subito si sentì aria di santità: «Sembra un santo!» dicevano tutti. Dalle letture sul Santo, emerge la storia di una monaca di casa che assicurò tutti di aver inteso una voce angelica dire: «Non c’è prete più santo di questo che è uscito a dir Messa». Testimoni assicurano che ogni sua Messa fu celebrata con lo stesso fervore della prima. Divenne parroco della chiesa di Santa Croce nell’anno 1799, negli anni dell’eruzione del Vesuvio, succedendo a don Gennaro Falanga, che già da tempo in lui aveva visto suo unico successore, capace di ricostruire le ferite fisiche, materiali e spirituali che, non solo la Basilica aveva subito, ma che tutto il popolo torrese aveva patito, a causa dell’eruzione vulcanica. «Se qualcuno mi vuole mandare una imprecazione, deve dirmi: ti possa veder parroco», nelle resistenze al ministero parrocchiale di don Vincenzo Romano, che gli veniva assegnato a furor di popolo. All’atto dell’obbedienza, queste le sue parole: «Avrei voluto piuttosto la morte che aggravarmi di questo si pericoloso peso della cura delle anime; questa carica non si può accettare né per onore né per interesse o per altro fine, ma soltanto per volontà di Dio».

L’amore per Torre del Greco  e la sua vita sacerdotale - «La via di un buon sacerdote non è altro che un continuo esercizio di carità verso Dio e verso il prossimo»: una singolare vita sacerdotale, durata 33 anni e svolta per intero a Torre del Greco;  come in un pellegrinaggio, non c’è via non c’è luogo della cittadina vesuviana che non narri un episodio della vita del Santo. Nella sua casa in via Piscopia, vi è ancora l’inginocchiatoio, dove si inginocchiava a pregare e a meditare, lo scrittoio, dove componeva le sue prediche. Perché non una vita missionaria, ma una vita soltanto torrese? Perché già intorno a lui c’erano tanti senza Cristo, che avevano bisogno della sua presenza. Aprì scuole gratuite per i giovani, si occupò inoltre dei ragazzi aspiranti ai seminaristi. I frutti del suo insegnamento erano così evidenti che, al Seminario di Napoli, i superiori lo avrebbero voluto come insegnate, ma, a questo, il Cardinale si oppose, per non privarne la sua città natale. Il pensiero dei lontani dalla Chiesa lo affliggeva a tal punto che istituì missioni all’aperto, inventandosi la sciabica: girava per i vicoli e per le strade, predicando, invitando i peccatori alla conversione, conducendoli poi in chiesa per la benedizione.

Il santo Papa Giovanni Paolo II e il santo sacerdote Vincenzo Romano – Così il santo Papa, il giorno 11 novembre 1990, facendo visita al popolo torrese, e sostando in preghiera  e baciando le reliquie del Beato, disse: «ll più illustre figlio di Torre del Greco è senza dubbio il beato Vincenzo Romano. Egli vi ha lasciato un’eredità spirituale preziosa con l’esempio di una santa vita, del fervore sacerdotale e della totale dedizione che caratterizzarono gli oltre trent’anni del suo ministero pastorale. Erano, quelli, tempi difficili e calamitosi per le vicende storiche e per la disastrosa attività del vicino Vesuvio, che nel 1794 devastò la vostra città, seminando terrori e lutti. Con un ritmo di attività quasi incredibile, egli fu maestro di evangelica carità ai sacerdoti e provvido padre ai fedeli, dei quali condivise sofferenze e preoccupazioni […]Ma Vincenzo Romano lavorò intensamente e soprattutto per la formazione delle coscienze e per l’evangelizzazione […] Era convinto che il primo impegno di ogni buon pastore dev’essere la formazione dottrinale e morale dei propri fedeli. Egli pertanto si dedicò con sollecitudine e costanza alla catechesi parrocchiale e al ministero delle confessioni, vedendo in ciò un’occasione privilegiata di formazione delle coscienze. Alla gente del popolo propose il Vangelo nella sua semplicità e autenticità, divenendo egli stesso testimone credibile e araldo della parola di Cristo con una vita povera, umile e, soprattutto, integralmente dedita al ministero […] Dimostrò di essere disposto a dare ai Torresi non solo il Vangelo, ma la sua stessa vita, come a figli diventati a lui singolarmente cari (cf. 1 Ts 2, 7-8). Con tale animo egli vi annunziò il Vangelo di Dio, sforzandosi di essere catecheta in tutti i modi e in ogni circostanza […] Con intuizione che anticipava i tempi, il vostro patrono si preoccupò così del valore della Messa festiva e insegnò ai fedeli come si assiste ad essa, non da estranei o muti spettatori, ma comprendendo bene e partecipando consapevolmente all’azione sacra, grazie alla luce ricevuta nell’ascolto della parola di Dio (cf. Sacrosanctum Concilium, 47).La comunità di Torre del Greco non lascerà cadere l’esempio e la memoria del suo umile e santo parroco di un tempo. Vi invito tutti a riprendere ancora oggi il suo programma pastorale, per inserirlo nelle moderne tensioni sociali con il suo stesso fervore e con la sua medesima passione».