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Al Maschio Angioino si celebra Ligabue

Maschio angioino - Napoli

Maschio angioino – Napoli

El Matt, l’artista matto, gentile ma impacciato, a Napoli. Mostra monografica dedicata ad Antonio Ligabue a Napoli, nella Cappella Palatina del Maschio Angioino dal 11 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018. L’esposizione è promossa dal Comune di Napoli – Assessorato alla Cultura e al Turismo e con la collaborazione della Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri, è curata dal Professor Sandro Parmiggiani, già direttore di Palazzo Magnani e direttore della Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri e da Sergio Negri, presidente del comitato scientifico della medesima Fondazione, con l’organizzazione generale di COR Creare Organizzare Realizzare.

La mostra  - Propone, attraverso oltre ottanta opere, un excursus storico e critico sull’attualità dell’opera di Ligabue che, seppur incentrata su pochi temi sempre ripetuti e sempre rinnovati, rappresenta ancora oggi una delle punte più interessanti dell’arte del Novecento. Occasione per riportare il lavoro di Ligabue a una corretta valutazione critica e storica: un’occasione per riaffermare, al di là delle fuorvianti definizioni di naïf o di artista segnato dalla follia, il fascino di questo “espressionista tragico” di valore europeo, che fonde esasperazione visionaria e gusto decorativo.

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L’artista – Nasce il 18 dicembre 1899 a Zurigo, in Svizzera, figlio di Elisabetta Costa, una donna originaria di Belluno, e di Bonfiglio Laccabue, uomo di origini emiliane. Affidato, nel settembre del 1900, a una coppia di svizzeri, Elise Hanselmann e Johannes Valentin Goebel, rimane orfano di mamma Elisabetta nel 1913, quando un’intossicazione alimentare uccide anche tre dei suoi fratelli. Colpito fin dall’infanzia da carenze vitaminiche e rachitismo, deve fare i conti con uno sviluppo fisico bloccato, che si concretizza nell’aspetto sgraziato che lo accompagnerà anche da adulto. Anche dal punto di vista emotivo e intellettuale il ragazzo mostra alcune difficoltà: non ama stare con i suoi coetanei, preferendo la vicinanza degli animali, e a scuola è molto in difficoltà. L’incontro che gli cambia la vita avviene nel 1928, quando Renato Marino Mazzacurati, uno dei fondatori della Scuola Romana, intuisce il talento che si nasconde nella sua arte genuina e gli insegna a utilizzare i colori a olio. Nel 1932, Ligabue riceve l’accoglienza di Licinio Ferretti, flautista di fama internazionale e collezionista di dipinti di arte contemporanea. Ormai indirizzato verso una matura e completa valorizzazione del proprio talento, Antonio decide di dedicarsi anima e corpo alla pittura, proseguendo i suoi viaggi senza meta lungo il Po. Nel febbraio del 1961 la prima grande personale di Antonio Ligabue presentata a Roma, segna il definitivo successo dell’artista. L’anno dopo, mentre Ligabue è sofferente per essere stato colpito da paresi, il suo paese Guastalla gli dedica una grande mostra antologica. Nonostante la sua infermità, Antonio Ligabue continua a dipingere fino alla sua morte avvenuta il 27 maggio del 1965.

Ligabue e la pittura – Sarebbe stata la sua compagna di viaggio, fino a destare l’interesse di altri artisti, critici e mercanti, che via via lo sostennero. Con lo slancio genuino dell’infanzia e un singolare pathos espressionista, con quella sua capacità di intercettare le forze segrete della natura e di farne allucinata narrazione, Ligabue partorì paesaggi feroci ed incantati, flore e faune straziate da cromie accese, autoritratti e scene di fiaba. Centinaia di storie diurne, scavate nella notte di un’esistenza costellata di solitudini. Sempre sul limite tra la forma esatta, illustrativa, e una specie di orrore latente, d’esasperazione. Tanto erano brillanti le sue tele, tanto era mesta la sua condizione di naufrago, rannicchiato ai margini dell’esistenza.

Le sue opere – Dense e squillanti, traboccano di nostalgia, di una violenza ancestrale, di paura e di eccitazione. Storie di piante, animali, predatori, contadini; storie di un mondo semplice e rurale; storie intrise di una bellezza antica. Qualcosa a cui appartenere, da cui lasciarsi definire. Trovandosi, nello spazio della tela. I soggetti prediletti: gli animali, quelli domestici rappresentati in un’atmosfera agreste, collocati in paesaggi che richiamano sia le terre piatte della Bassa reggiana –dove visse dal 1919 alla morte nel 1965– sia i castelli, le chiese e le guglie della natia Svizzera. Ma anche animali più selvaggi ed esotici: dalle tigri ai leoni, dai leopardi alle aquile. Animali sempre resi con un’esasperazione e una deformazioni in bilico tra l’espressionismo e il naif.

Per citare alcune opere in esposizione  – Autoritratto; Fattoria con animali; Testa di tigre; Daini con paesaggio; Cavalli imbizzarriti; Leopardo con serpente; Aratura con cavalli; Paesaggio con animali; Leopardo con serpente; Tacchini con paesaggio; Corrida; Vaso di fiori; Cani da caccia con paesaggio; Il serpentario; Diligenza con paesaggio; Gatto con topo; Diligenza con paesaggio e villa Casanova Rambelli; Crocifissione; Il postiglione; Autoritratto con cane; Leopardo; Volpe in fuga;  Tigra assalita dal serpente; Leone che azzanna una zebra.

La follia – L’inquietudine, lo smarrimento e la follia caratterizzarono in modo incisivo il cammino dell’artista: dallo stato mentale dissociato, si racconta che dipingesse spesso in riva al Po e che di frequente si abbandonasse a strane danze, mimando i movimenti degli animali ed emettendo versi e urla, agitandosi nel fango ed imbrattandosi dei colori con i quali lavorava. La sua follia nella pittura, istintiva, passionale, irruente, riporta in superficie un vecchio quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità e pazzia?

<<Io sono un grande artista, la gente non mi comprende, ma un giorno i miei quadri costeranno tanti soldi e allora tutti capiranno chi veramente era Antonio Ligabue>> (Antonio Ligabue)