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Ottocento privato apre le porte a Capodimonte

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Metti un sabato mattina, diventare turista nella propria città. Incantandosi al punto tale di raccontarne. Per soli tre giorni, dal 6 ottobre a domenica 8 ottobre 2017, apertura straordinaria della sezione Ottocento Privato al Museo Real Bosco di Capodimonte. Evento speciale per ricordare le prime due Biennali Borboniche, del 1826 e del 1830, che furono inaugurate il 4 ottobre, nel giorno dell’onomastico di Francesco I di Borbone, re delle Due Sicilie, convinto promotore dell’iniziativa. Più di 200 opere ottocentesche, tra dipinti, sculture, mobili, oggetti d’ arredo ed anche tessuti e tendaggi preziosi delle manifatture di San Leucio, provenienti a volte dai depositi ma anche da altre residenze reali, ad evocare il fascino e le atmosfere dell’ antica dimora privata. Il risultato finale? Trovarsi non più in un museo, ma in una  casa-museo, dove è facile imbattersi nella scoperta di veri e propri capolavori di dimensioni più piccole rispetto agli altri cosiddetti cugini, sempre del XIX secolo, esposti al terzo piano del museo.

Le Biennali Borboniche – Esposizioni di opere d’arte presentate con cadenza biennale,  istituite a partire dal 1826, per sostenere le arti figurative come facevano le altre capitali europee. Lo scopo era quello di incoraggiare gli artisti a confrontarsi tra loro e a progredire negli studi, grazie anche all’istituto del Pensionato romano, a cui accedevano gli allievi più dotati del Real Istituto di Belle Arti di Napoli. La partecipazione alle Biennali permise agli artisti di allargare il proprio pubblico di riferimento e di confrontarsi sia con le richieste delle committenze reali interessate a incrementare le raccolte di Capodimonte e delle altre regge borboniche sia con i nuovi collezionisti delle classi borghesi. Lo studio delle Biennali Borboniche aiuta a ricostruire il percorso della cultura figurativa napoletana e le evoluzioni dei singoli artisti che parteciparono alle diverse edizioni. Un successo, quello delle Biennali Borboniche, che continuò anche sotto il regno di Ferdinando II.

L’Ottocento privato –  L’appartamento ad uso privato della corte, all’epoca dei Borbone e poi dei Savoia, rivive nel cosiddetto piano matto, il piano ammezzato cui si accede attraverso il monumentale scalone esagonale a doppia rampa, progettato dall’architetto Ferdinando Sanfelice. Negli spazi, con vista panoramica sul parco, sulla città e sul golfo di Napoli, si respira l’atmosfera accogliente di un elegante ambiente privato che conserva la memoria storica del passato insieme ad una pregevole galleria d’arte.

Le sale-  In tutto sette, con oltre duecento opere tra dipinti, sculture, oggetti d’arredo in cui anche i tessuti e i tendaggi partecipano a ricreare preziose atmosfere, dagli ambienti dell’Anticamera alla Stanza da Scrivere, dalla Camera da Letto alla Stanza della Camerista. Una dimensione più intima, lontana dalla maestosità degli ambienti di rappresentanza dell’Appartamento Reale, al piano nobile del Palazzo.

Le opere esposte – Sono pervenute al museo per acquisto dei sovrani, sia borbonici che di casa Savoia, ma anche grazie alle cospicue donazioni di illuminati collezionisti napoletani. La suddivisione è in ambienti tematici, e consente di attraversare la storia dell’arte come in un viaggio e scoprire i cambiamenti del gusto e della cultura figurativa napoletana. Si parte dal neoclassicismo con Raffaele Postiglione, Vincenzo Camuccini, Gennaro Maldarelli, sino alla scuola di Posillipo con Anton Sminck Pitloo, Giacinto Gigante, Gabriele Smargiassi, Teodoro Duclère;  dalla pittura della seconda metà del secolo, ricca di storia con Domenico Morelli, Vincenzo Marinelli, a nuove visioni del paesaggio con Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis e della realtà, con Gioacchino Toma, Vincenzo Migliaro, Michele Cammarano, Teofilo Patini. Autori orientalismi, come Marco De Gregorio, Ettore Cercone, ricerche cromatiche, con Antonio Mancini, Francesco Paolo Michetti e raffinatezze galanti, con Giovanni Boldini, fino ai primi decenni del ‘900 con Giacomo Balla e  Pellizza Da Volpedo.

Tornando indietro nel tempo – All’origine questi ambienti erano gli spazi privati della corte all’epoca dei sovrani Borbone prima e Savoia successivamente. Nel 1816 come appartamento di Ferdinando I, poi, a metà secolo diventano il quartino ad uso della principessa Carolina, nipote di Ferdinando, che, andata in sposa a Carlo di Montemolin nel 1850, ebbe la disponibilità di abitarli durante i suoi soggiorni a Napoli. Con i Savoia, vengono destinati al ramo cadetto dei duchi di Aosta, che vi soggiornano fino al passaggio della reggia al demanio dello Stato nel 1920, per diventare dagli anni Cinquanta uffici della soprintendenza.

Applausi - ll Museo e Real Bosco di Capodimonte afferma nuovamente il suo tradizionale ruolo di capofila di sperimentazioni. Un atteggiamento, volto a valorizzare il patrimonio dell’arte antica attraverso la lettura e la comprensione dell’arte contemporanea, che continua inesorabile nel tempo come sfida funzionale e attuale. E considerando il numero dei visitatori che sono stati presenti, possiamo affermare di trovarci non più dinnanzi ad una sfida, ma ad una vittoria. L’ennesima dell’epoca Bellenger.