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Crisi del sacro e dibattito sulla secolarizzazione

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Fine corsa. La crisi del cristianesimo come religione confessionale

di Luca Diotallevi

EDB

Bologna 2017

pp.272

euro 23,00

Il fenomeno della secolarizzazione in Occidente ha sicuramente interessato l’ambito religioso e in particolare il cristianesimo, come sottolinea una delle tante pubblicazioni del sociologo Luca Diotallevi dell’Università di Roma Tre nel volume Fine corsa. La crisi del cristianesimo come religione confessionale, pubblicato dalle EDB di Bologna (2017). Sebbene questo libro abbia già compiuto qualche anno, l’analisi che contiene è tuttora valida e può efficacemente illuminare le problematiche nei nostri tempi. Tuttavia, va tenuto presente che essa è stata suscettibile di altre interpretazioni; ad esempio, da un punto di vista politico, la secolarizzazione ha rappresentato per molti il tramonto delle ideologie. Infatti, insieme al contesto più specificamente religioso e sacrale, essa tende a mettere in crisi anche il settore laico, si pensi allo stato, o ai grandi partiti e movimenti di massa, che la categoria della secolarizzazione ritiene assolutamente inadeguati a rappresentare il centro sacrale nella storia del mondo.

Eppure a partire dagli anni Sessanta, la centralità della categoria della secolarizzazione, in relazione all’interpretazione del passaggio dal Medioevo al mondo moderno e all’analisi delle dinamiche della società contemporanea, subisce un processo di destrutturazione critica. Da un lato, vi è stato chi ha messo in dubbio la valenza euristica della “metafora” della secolarizzazione di fronte alla complessità dell’epoca moderna. Dall’altro si è messo in evidenza l’emergere di valori “post-materialistici”, che agiscono all’interno dei nuovi spazi sociali propri delle società industriali avanzate, in cui il soggetto intraprenderebbe un percorso di ridefinizione della propria identità supportato da un maggior livello di integrazione comunitaria, all’interno di nuove dimensioni simboliche.

Nel corso degli anni Ottanta si assiste all’affermarsi sempre più preponderante di un fenomeno di affatto trascurabile importanza. Diverse tradizioni religiose in tutto il mondo, dal fondamentalismo islamico alla cattolica teologia della liberazione, cominciano ad uscire dalla sfera privata e ad interagire con quella pubblica. Quella che si va delineando con chiarezza è una sorta di “deprivatizzazione” della religione. Ad attribuire particolare rilievo alla questione è il fatto che non si tratta di banale e sterile revival religioso, ma di vere e proprie prese di posizioni assunte da religioni pubbliche.

Le istituzioni religiose tradizionali tornano dopo secoli a sfidare le forze politiche, sociali e culturali dominanti, mettendo in discussione la neutralità dello stato rispetto ai valori e la distinzione tra etica pubblica ed etica privata. In sostanza, la secolarizzazione della società, quello che sembrava un obiettivo raggiunto, una certezza consolidata della modernizzazione, torna sorprendentemente in questione.

In quest’ultimo frangente di secolo, quattro processi apparentemente indipendenti, ma quasi simultanei, hanno contribuito a generare il dibattito pubblico sulla problematica religiosa: la rivoluzione islamica in Iran, il movimento di Solidarnosc in Polonia, il ruolo del cattolicesimo nella rivoluzione sandinista e in altri conflitti politici latinoamericani, il prepotente risveglio del fondamentalismo protestante negli Stati Uniti. Secondo José Casanova, docente di Sociologia nella New School for Social Research di New York, la fine dell’ultimo millennio e l’inizio del nuovo risultano vistosamente segnati da una cospicua ripresa di conflitti, in cui la religione svolge un ruolo di primo piano (basti pensare alle vicende dell’ex Jugoslavia). Il contributo che la chiesa ha dato sul piano sociale e storico è indiscutibile; per rendersene conto è sufficiente volgere il pensiero al contributo enorme che essa ha dato in momenti storici di importanza epocale, come il crollo del muro di Berlino o lo smantellamento dell’ex Unione Sovietica.

Intanto anche nelle ultra secolarizzate società occidentali la voce delle tradizioni religiose è tornata ad influenzare intensamente la scena pubblica. Probabilmente, la società occidentale muove i primi passi verso una nuova epoca in cui le religioni sfideranno la legittimità e l’autonomia delle sfere secolari primarie, ovvero lo stato e l’economia di mercato. Al di là di quanto sostengono, senza alcun fondamento, i teorici della secolarizzazione, questa è la dimostrazione chiarissima di come non sia in atto alcun arretramento della religione e in particolare della chiesa cattolica, né sul piano politico, né su quello sociale.

Il dibattito, che è oggettivamente ancora in evoluzione, sulla “crisi del sacro” in età contemporanea in rapporto cristianesimo, registrato tra gli anni ’60 e ’80 del XX secolo ha evidenziato molti aspetti del rapporto logorato tra società e cristianesimo in Occidente. Tutto il dibattito ha voluto verificare l’ipotesi iniziale e cioè se crisi del sacro e secolarizzazione esistesse realmente un rapporto sul piano dei fatti storici, oltre che sul piano dialettico e teologico.