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Italia-Francia

Incapace di pensare, durante un viaggio troppo lungo affinchè non avessi almeno un momento di cedimento. Facce e rumori attorno a me, niente che mi importasse davvero. Solo me e il mio mondo in quel momento così frastornato e confuso. Mi dirigevo verso casa, tra pullman e metropolitante. Tra ansie e preoccupazioni. Sommersa da ogni forma di difficoltà a decifrare il tutto, riuscivo solo ad ascoltare musica e ad aspettare che il tempo passasse in fretta. La metro quasi deserta, io e un vecchio sospetto soli nel primo vagone. Ma non mi importava. Non avevo la forza di provare paura. Volevo solo tornare a casa. O forse non volevo neanche quello. Non volevo niente.Senza accorgermene, arrivai alla fermata del pullman che mi avrebbe riportata all’ovile. E un’idea malsana mi venne alla mente: ascoltare la partita con l’mp3. Pessima. Io nel pullman, per lo più attorniata da zingari ed extracomunitari. Nessun tifoso. Solo facce disinteressate e estranee attorno a me. Poi qualche minuto. Qualche azione. E nessuno con cui condividere l’emozione per il rigore concesso all’Italia. Nessuno con cui esultare per il goal di Pirlo. Nessuno con cui gioire per il vantaggio dell’Olanda. Ero sola in quell’M4N troppo illuminato per i miei occhi bruciati dalle lacrime. Ero sola, davanti alla porta centrale, ansiosa di scendere. Solo una vecchia, al rumore delle trombette, si interessò del vantaggio. E io, felice, colsi l’occasione per confermarglielo.Solo un breve lampo di luce in quella serata. Tutto il resto nero.

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