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La protesta a Portici

Giovedì 6 Novembre, il Consiglio dei Ministri approva un decreto legge riguardante la riforma universitaria. Si delineano criteri decisamente più ragionevoli rispetto ai generici tagli che andavano di pari passo con il proposito di trasformare gli atenei in fondazioni, ovvero costringendoli di fatto alla privatizzazione. Più soldi per le borse di studio, fondi per gli alloggi universitari, più spazio ai giovani ricercatori. Una risposta conseguente all’onda di proteste suscitata dai decreti 133 e 137, spesso riassunti (ma da alcuni confusi) in un generico “decreto Gelmini”. Il 133, inserito in finanziaria durante l’estate, prevede che le università possano trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Una scelta, tuttavia, pressoché obbligata per gli atenei con i conti in rosso. Il 137 è il decreto che prevede il ritorno al maestro unico per le scuole elementari, ma anche la votazione in decimi in luogo dei giudizi e la rilevanza del  voto di condotta ai fini della promozione. Sono questi i provvedimenti contro i quali s’è scagliata la protesta di giovani, liceali e universitari, ma anche di un buon numero di docenti. Ovviamente le notizie rimbalzate all’attenzione nazionale sono quelle di occupazioni e manifestazioni che hanno avuto luogo nelle principali città italiane. Ma la provincia non è stata da meno. Tra i molti istituti che nei giorni scorsi sono stati in autogestione o in occupazione, c’erano anche quelli di Portici. I ragazzi, oltre a partecipare alle massicce proteste tenute nel capoluogo, hanno organizzato due cortei nella propria cittadina, uno dei quali si è tenuto martedì 28 ottobre ed ha visto la presenza degli alunni del Flacco, del Silvestri, del Carlo Levi e del Nitti, affiancati da una rappresentanza di professori. Il dissenso andava in parte contro l’abbandono dei tre maestri perché «la maggior parte di noi – dice uno studente del Flacco – crede che sia meglio per la crescita di un bambino avere davanti a sé una pluralità di soggetti e di personalità diverse», ma soprattutto contro la riforma delle università, « perché è la problematica che ci riguarda da vicino. Tra uno, due o tre anni – continua – toccherà a noi iscriverci all’università ed è naturale difendere le certezze che questo provvedimento sta mettendo in discussione». Oggi il Flacco non è più in occupazione, le lezioni sono riprese normalmente ed è arrivato il decreto del 6 novembre. Aspettiamo le valutazioni degli studenti a tal riguardo. La protesta riprenderà? Se si, in che forma? Insomma, il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno?

 

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