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El barrio

Se ne stanno fermi allo stesso posto da mattina a sera. Si muovono solo per andare a mangiare o a comprare un pò di fumo. Jeans a vita bassa, camicie firmate e cintura vistosa, questa è la divisa d’ordinanza. In più occhiali Carrera, facce lampadate quasi bruciate e accessori vari all’ultima moda. Scherzano fra di loro, sono bugiardi per natura. Gli occhi sono o tristi o affamati di vendetta contro qualcuno non ben identificato. Solitamente sono i miglior nemici di se stessi. Covano rabbia e rancore contro il mondo intero, contro gli sbirri che li perquisiscono, contro il prete della zona che li cita nella predica come cattivo esempio. Contro il sindaco, anche se non lo conoscono. La loro principale occupazione, quando non hanno affari da portare a termine, è quella di giocare a carte o di parlare di calcio, commentando con una certa sicurezza le ultime malattie di Hamsìk e sfottendo quanti tra loro tifano Juve o Roma. Guardano assatanati le ragazze che passano, ma l’amore lo conoscono solo come violenza e possesso. Malattia. Degenerazione.A volte li puoi trovare  armati. Coltelli o pistole di piccolo calibro. A volte li puoi trovare ubriachi di birra alle tre del pomeriggio. A volte li puoi trovare strafatti di cocaina con le pupille dilatate e i movimenti da schizofrenici e le parole che vengono fuori dalla bocca diventata tutt’a un tratto centro della terra che erutta senza mai fermarsi lava incandescente che fa male e incendia pure il mare, pure l’oceano indiano delle nostre menti. I soldi se li fanno con scippi, rapine e spacci vari. I tatuaggi li fa uno di loro che non ha una mano. Vecchio ricordo di tracchi sparati da piccolo. E sono davvero belli quei tatuaggi. Colorati e semplici. Originali e tipici come la faccia del Che o quella di Diego. O quella di Padre Pio trasformato all’occorrenza in una specie di rockstar. Estate e inverno, bel tempo o pioggia. Tutto passa nella loro indifferenza,  le stagioni non le conoscono. Non conoscono neppure le ore e i momenti di tranquillità. Si guardano attorno con lo sguardo impaurito dei cani che stanno per essere mangiati da altri cani. E la sera quando tornano a casa e mettono la testa sul cuscino si ritrovano con le mani sporche di sabbia. Come quando da piccoli si mettevano sul bagnasciuga a costruire il castello forte e grande che l’acqua del mare sporca di nafta e pannolini e sangue di animali scannati nelle vicinanze provvedeva a distruggere senza sforzo. 

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