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Melendi, talento spagnolo tra rumba e rock

Cantava Ligabue: “Non dovete badare al cantante, quello lì che si crede una star, quello lì che si crede uno che lascia il segno ed invece una volta passato chi si volterà…”. Dura è la vita dei divi della musica: soldi, successo, fama e al tempo stesso il pericolo costante di perdere tutto per un solo pezzo loffio, o, peggio ancora, per esser scivolato nella rotta della perdizione. Vi presentiamo in anteprima la vita di un giovane cantante spagnolo che ha mosso i primi passi dalla polvere della strada, per poi trarre da quest’ultima voci, rumori, note e personaggi da interpretare nei suoi pezzi. Consapevole di essere stato il cantore anonimo di gente comune.  Ribelle ma tradizionalista, innovatore ma affezionato alla sua terra. Chissà che il suo talento non varchi presto anche le nostre frontiere musicali.

 

Ramón Melendi Espina: per il suo pubblico è semplicemente Melendi, originario di Oviedo, classe 1979.

Se i suoi esordi recano l’impronta della tipica rumba mediterranea, el Melendi maturo è stato via via un alchimista tale da fare dei suoi dischi una contaminazione pop di influssi flamenchi, ballate rock e persino un tocco di heavy e all’occorrenza una spruzzata di folklore asturiano.

Nato in Asturia, affascinante regione del nord sospesa tra gli echi celtici delle gaite (una sorta di zampogne) e il profumo del sidro mediterraneo, Melendi andrà sempre fiero della sua terra natale, al punto da dedicarle una canzone densa di assoluta devozione: “Fuori dal ventre di mia madre sei stata tu la sola a vedermi crescere”.

Non fa mistero, Melendi, di aver avuto una famiglia abbastanza assente, per cui ha dovuto crescere da solo “Me he criado en las calles, donde no vale la pena el cuidar cada detalles”, ossia “Sono cresciuto per strada, laddove non c’è bisogno di stare troppo attenti alle formalità”.

L’adolescente Melendi studia in un istituto superiore di Oviedo: tra i suoi compagni c’è un certo Fernando Alonso. Qualche anno e un po’ di chilometri dopo, il cantante regalerà al campione un inno allegro ed affettuoso, “Magic Alonso”, pezzo in cui definisce il vecchio amico come un nano supereoe dal cuore di gigante.

 

Vado in giro per la vita, senza fermarmi ma senza fretta, cercando di non fare rumore se non con un sorriso”. Non si direbbe, ma Melendi è un inguaribile romantico, nonostante i modi rudi con cui si presenta sul palco e alle decine di tatuaggi da marinaio che, come dice un proverbio spagnolo, ha una donna per ogni porto.

Di sicuro oggi la donna della sua vita si chiama Carlota: la piccola figlia a cui ha dedicato una canzone prima ancora che nascesse: “Ti chiedo perdono per gli errori che non ho ancora commesso”.

Ma, molto prima di diventare genitore e vendere un milione di dischi tra la sua Spagna e l’America Latina, chi è e come nasce il fenomeno Melendi?

La calle, ovvero la strada, ma sempre quella di periferia, con tutti i suoi intricati barrios (=quartieri) brulicanti di vite è il leit-motiv delle sue canzoni.

Non ha molta voglia di studiare il giovane Ramón, ma in compenso gioca bene a calcio, e per un periodo lo si è visto sgambettare nelle giovanili del Real Oviedo. Ma oltre lo sport, la sua passione bruciante è un’altra e si chiama musica. Per sperare di assecondarla e non finire sul lastrico Melendi passa le sue notti a lavorare come cameriere in diversi locali.  Il mondo variegato e boemio della notte rimarrà impresso nella sua discografia, con tutti i suoi annessi di personaggi e storie di vita marginali, grottesche, mai convenzionali.

La svolta musicale arriva nel 2003: da due anni Melendi fa parte di un gruppo chiamato il “Bosco di Sherwood”. Nel bel mezzo di una notte il suo amico Pablo Moro gli fa una sorpresa: ha ottenuto per lui un’audizione con uno dei “boss” dell’etichetta discografica Carlito’s records, che a sua volta suona in un complesso dal nome María (e c’è da scommettere che non si tratti di una donna).

Melendi ha pronte solo tre canzoni e quella stessa notte le interpreta senza timore. Il tema della strada e delle sue strane creature si fonde con la rumbita delle chitarre in cui canta di poveri diavoli e nullafacenti sognatori, di postini canaglia che si divertono a rubare lettere provenienti dall’Olanda e contenenti più semi che parole, di giovani donne violentate, di trafficanti di sogni spiccioli alle prese con coltivazioni illegali, e di veri delinquenti rimasti impuniti.

I suoi soggetti, il modo sardonico, irriverente e mai banale con cui li canta colpisce positivamente la casa discografica: quei tre pezzi vanno ad aggiungersi ad altri 9 inediti e il tutto verrà registrato come Sin noticias de Holanda (=nessuna notizia dall’Olanda), il suo primo album da solista.

Il grande successo arriva l’anno successivo: Melendi compone Con la luna llena, (=Con la luna piena) che viene eletta inno ufficiale della Vuelta di Spagna del 2004:  conquista pubblico e critica e si aggiudica il primo disco d’oro con oltre 50 mila copie vendute.

Da allora sono usciti altri 3 dischi, tutti di successo. A Novembre è prevista l’uscita di un nuovo album: secondo alcuni si tratterà del disco della svolta rocchettara, in cui alle canzoni romantiche si alterneranno proclami di lotta generazionale.

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