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Rita Atria, storia di una ragazza che ha sfidato la mafia.

Aveva appena 17 anni Rita. Non era ancora maggiorenne ma, animata da un coraggio che  forse nemmeno lei sapeva di avere, ha sfidato la mafia. Rita Atria era di Partanna, un piccolo centro del trapanese. Nata e cresciuta in una famiglia di mafiosi, è stata fin dalla più tenera età spettatrice di guerre di potere e predominio da una latitudine piuttosto pericolosa: suo padre fu ucciso quando lei aveva 11 anni e suo fratello qualche tempo dopo, non prima di averle rivelato dinamiche interne alle famiglie mafiose locali. Siamo nella seconda metà degli anni ottanta, gli anni dell’ascesa al potere dei corleonesi, gli anni in cui fiumi di sangue hanno bagnato una Sicilia sempre più spesso martoriata da faide interne ai clan.

Rita cresce in questa realtà deviata e deviante. Da un’iniziale sete di vendetta nei confronti di chi le aveva sfasciato la famiglia passa ad uno spiccato e straordinario senso di giustizia. Rita non affronta da sola questo percorso evolutivo: a sostenerla ed aiutarla c’è un uomo. Un uomo giusto, un uomo che dedica la sua vita alla lotta contro il cancro sociale della criminalità organizzata. Un uomo che a sua volta rimarrà vittima della stessa lotta: Paolo Borsellino.

Rita sceglie di incontrare il giudice Borsellino inizialmente per vendicarsi attraverso lo Stato, nemico dei suoi nemici, di chi aveva assassinato suo padre prima e suo fratello poi. Così  Rita inizia a sfogliare i propri diari, conservati come  memorie sacre in tanti anni di confidenze con suo fratello. Decine e decine di arresti, clan decapitati e tanta soddisfazione per questi successi ai quali Rita aveva dato un contributo determinante. La vendetta agognata da Rita si stava compiendo sotto gli occhi di tutti, specie dei suoi compaesani e di sua madre, che le aveva nel frattempo voltato le spalle indicandola come una traditrice, un’amica degli “sbirri”. A rimanerle accanto solo sua cognata Piera, moglie di suo fratello Nicola, che decide di collaborare con i giudici anche prima della stessa Rita.

Per quanto forte e coraggiosa, Rita aveva pur sempre diciassette anni e tanta voglia di innamorarsi, uscire, avere delle amicizie, evadere con spensieratezza da quella gabbia dorata in cui era finita. La vita di chi volta le spalle alle mafie, dopo esserci passato anche solo per poco tempo, diventa come quella di un fuggitivo, nascosta, protetta in luoghi sicuri, ignoti, lontani. Dopo la tragica morte di Borsellino, Rita si sente abbandonata, perde colui il quale le aveva dato l’affetto di un padre, una colonna portante nella sua giovane vita. Così, presa da un momento di disperazione si lancia nel vuoto dal balcone della sua casa romana dove viveva nascosta. Non sapremo mai cosa le sia passato per la mente in quegli ultimi istanti. Forse la disperazione per la perdita del suo angelo custode. Forse la rassegnazione per una guerra tra Stato e Antistato che ancora oggi pare dura da combattere. Qualunque sia la motivazione che ha spinto Rita Atria ad uccidersi, scoprirla non la riporterà indietro, ma quanto meno aiuterà chi ha ancora fiducia nelle istituzioni  a comprendere quanta forza e quanto coraggio servono per lottare contro questo male solo apparentemente invincibile.

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