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Sbarcare il lunario, cronaca di un iniziale fallimento di Paul Auster


Il lunario è <<un almanacco popolare (in origine destinato a registrare le fasi lunari, perciò lunario) che registra i mesi e i giorni dell’anno unitamente a previsioni meteorologiche e precetti improntati a una facile presunta saggezza>> (così lo definisce il Devoto-Oli ).

Quindi sbarcare il lunario significa tirare avanti, cercare di arrivare alla fine del mese/anno con i pochi mezzi economici che si hanno a disposizione.

Auster ha scelto di utilizzare questa espressione ( a dire il vero ha utilizzato l’equivalente inglese, hand to mouth, che vuol dire più o meno lo stesso) per rappresentare un periodo specifico della sua vita. Queste le sue parole : << A cavallo dei trent’anni, vissi un periodo in cui tutto quello che toccavo si trasformava in fallimento. Il mio matrimonio si concluse con un divorzio, il mio lavoro di scrittore andò a picco, e mi ritrovai assillato dai problemi finanziari …[…] Fino allora, la mia unica ambizione era stata quella di fare lo scrittore. Lo avevo stabilito da quando avevo sedici o diciassette anni, e non mi ero illuso che avrebbe potuto darmi da vivere. Fare lo scrittore non è una “scelta di carriera”, come fare il medico o il poliziotto. Più che sceglierlo, ne vieni scelto, e una volta constatato che non sei adatto a fare nient’altro, ti devi preparare a percorrere per il resto della vita una strada lunga e difficile>>.

Più che sceglierlo ne vieni scelto. E devi prepararti.

Quella raccontata da Auster è soprattutto la storia di un testardo che si è messo in testa di scrivere ed è pronto ad accettare i rischi che questa scelta comporta. Saltando da un’esperienza all’altra, optando per scelte scellerate e poco avvedute, senza pragmatismo, il giovane scrittore deve adattarsi a fare mille lavori, riuscendo con tenacia a trovare il tempo per scrivere e non perdere contatto con il mondo che più gli interessa.

Proprio nelle prime pagine c’è qualcosa di significativo : << Non intendo difendere le scelte che feci. Se non furono pragmatiche, la verità è che io non volevo essere pragmatico.[…] Volevo uscire nel mondo e mettermi alla prova […] Può sembrare vecchia letteratura, e forse lo era. Il giovane scrittore dà addio alla famiglia e agli amici salpando per mete incognite alla scoperta di se stesso. Nel bene e nel male, dubito che mi si sarebbe adattata un’impostazione diversa. Avevo l’energia, una testa che scoppiava di idee e il solletico ai piedi. In un mondo così grande, l’ultima cosa che desideravo era starmene al calduccio>>.

Così si imbarca su una petroliera, mette a punto un gioco di carte basato sul baseball che tenta di vendere a qualche produttore, fa il ghost writer per una ricca signora, lavora in una libreria che tratta testi rari, fa il traduttore dal francese, scrive articoli per una rivista, insomma, fa un mucchio di esperienze che si riveleranno utili molto tempo dopo, quando scriverà i suoi migliori romanzi. Leggendoli ci si accorge che, tra i personaggi bizzarri che popolano le sue storie, alcuni sono nati proprio grazie alle innumerevoli esperienze accumulate nel  tentativo continuo e disperato di sbarcare il lunario.

Auster racconta la sua storia, ed è la storia di uno che ci ha provato, ha provato in tutti i modi a vivere facendo quello che riteneva di saper fare, scontrandosi con le continue difficoltà generate da un’oppressiva e soffocante mancanza di denaro. La sua storia mi ha fatto venire alla mente il finale del bellissimo Factotum, film diretto da Bent Hamer, con Matt Dillon nei panni di Henry Chinasky, alter-ego letterario di Charles Bukowsky. Henry Chinasky è un personaggio autodistruttivo e fuori da qualsiasi schema, dedito alla bottiglia e al sesso. Egli ha il talento della scrittura, scrive racconti su racconti mentre passa da un lavoro all’altro, da un licenziamento all’altro. Alla fine del film c’è questo meraviglioso monologo : << Se hai intenzione di provare, vai fino in fondo, altrimenti non cominciare neanche, potrebbe voler dire perdere la ragazza, la moglie, i parenti, il lavoro, e forse anche la testa, potrebbe voler dire non mangiare per tre, quattro giorni, potrebbe voler dire gelare su una panchina del parco, potrebbe voler dire la prigione, potrebbe voler dire la derisione, lo scherno, l’isolamento, l’isolamento è il premio, tutto il resto è un test di resistenza, per vedere fino a che punto sei veramente disposto a farlo e tu lo farai nonostante i rifiuti e le peggiori probabilità di successo, e sarà meglio di qualunque cosa tu possa immaginare. Se hai intenzione di provare, vai fino in fondo, non c’è una sensazione al pari di questa, sarai da solo con gli dei e il fuoco incendierà la tue notti, cavalcherai la tua vita dritto verso una risata perfetta, è l’unica battaglia buona che ci sia >>.

Chinasky ha poco in comune con Auster, tranne il fatto che entrambi ci hanno provato, andando fino in fondo alla loro strada, lasciandola costellata di meravigliosi fallimenti.

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