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Sex Crimes: crimini, perversioni, e non solo

Sex Crimes

di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi  

Editore Mondadori 2011

pp. 252  

 17,50 euro

Un libro da ingoiare come una medicina per un bambino: senza pensarci troppo, riducendo al minimo lo sforzo per deglutire, per poi, solo ex post, scoprire innocentemente di aver mandato giù prima di quanto si fosse mai immaginato, una pillola oltremodo amara seppur necessaria.

In dodici capitoli Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi disegnano identikit di perversioni e follie terminate in tragedia come risultato di diverse e molteplici devianze patologiche dall’ipotetico concetto ortodosso di sessualità. Pur ben lungi dalla spettacolarizzazione del crimine a sfondo sessuale, le disamine dei casi patologici sciorinati dagli autori assumono nel testo una connotazione estremamente più cruda di ogni possibile ed inflazionata fiction. Se è vero che il mezzo è già un messaggio, il testo Sex Crimes suscita il senso dell’orrore senza ricorrere ad hollywoodiane immagini scioccanti, urla, perizie di criminologi o pantomimici plastici. Lo fa con la precisione di chi controlla il lessico giudiziario, con il piglio documentaristico del reportage, con l’approfondimento proprio dell’analisi psico e storico- antropologica.

La pecca o, presumibilmente, il punto di forza del libro, edito da Mondadori è l’attitudine alla miscellanea. Condotto in un allucinante, quanto scientifico viaggio oltre i confini dell’inferno in terra, al lettore rimangono storie e vittime disperanti ma al tempo stesso disparate: vicende di cannibali necrofili come il giapponese Issei Sagawa che nell’ 1981 uccise, violentò, fece a pezzettini ed ingurgitò il corpo di una studentessa, ma anche curiosità su istinti morbosi descritti nei primi manuali di psicopatologia, quale il caso di un giovane citato nello Psycopathia Sexualis del 1886 per aver intrattenuto rapporti zoofili con galline. Si legge e ci si imbatte in ogni sorta di degenerati serial killer (da quello delle prostitute a quello delle vecchiette), e si prova orrore nel ripercorrere fatti noti e meno noti di cronaca: come la tremenda storia dell’ex prete Marco Dessì, missionario pedofilo reo di abusi perpetrati per anni su bimbi nicaraguensi costretti alla miseria e allo squallore. Ma poi ci si sorprende a riscoprire che nei miti greci si ritrovano le origini dello stupro, della necrofilia o dello stesso cannibalismo ciclopico. Si resta sgomenti ma assaliti da un grottesco senso del ridicolo nell’apprendere di assassini che frullavano i cadaveri alla ricerca del giusto grado di pastosità; ci si chiede su quali menti possa attecchire il kodo, fobia diffusa in Cina, che spinge a temere che il pene (se si tratta di un uomo), o la vulva e i capezzoli (se si tratta di una donna), possano lentamente regredire all’interno dell’organismo, fino a portarlo alla morte.

Insomma: molto resta impresso, ma tutto rimane in sovrimpressione, come i titoli di coda di un programma di cui avremmo fatto volentieri a meno.

 

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