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Tornare a vivere o tornare a nascere? Una riflessione sul post covid

SAE 7 APRILE FOTO

«La pandemia ha evidenziato le grandi disuguaglianze che attraversano le nostre società. La guerra aggiunge dolore e mette in crisi le nostre vecchie certezze. In questo quadro le battaglie di una volta, quelle anche di Martin Luther King, sono ancora quelle che abbiamo di fronte, e tocca a noi ripercorrerle». Con queste parole Claudio Paravati, giornalista e direttore della testata evangelica “Confronti”, ha dato il via ieri al dibattito interconfessionale organizzato online congiuntamente dal Segretariato Attività Ecumeniche (SAE) di Napoli-Caserta e da quello di Milano, dal titolo Tornare a vivere o tornare a nascere? Una riflessione sul post covid”.

La prima sessione dei lavori, dal titolo “Che mondo, che società tornerà a nascere?”, ha visto gli interventi del suddetto giornalista e di Bartolo Cassaglia, medico e psicoterapeuta, che ha affermato: «Con la fine del distanziamento sociale dovremmo prenderci cura delle relazioni, provare a costruire una nuova intimità, un atteggiamento di apertura nell’incontro con la diversità laddove un contagio, uno scambio, di idee, opinioni, valori, emozioni e affetti sia di nutrimento per la crescita delle nuove generazioni e, in generale, dell’uomo».

La seconda sessione si è aperta con l’intervento dei due coniugi e pastori della Chiesa Battista in Milano, Anna Maffei e Massimo Aprile, che hanno dichiarato: «come per la nostra nascita naturale tutto avviene prima di noi e senza il nostro consenso, così è anche per la nuova nascita: non è nelle nostre possibilità. Dunque, siamo dentro un paradosso: l’urgenza di rinascere, l’impossibilità di farlo! Attenzione però, l’impossibilità di rinascere non segna la nostra completa passività. Infatti, proprio come per la vita naturale, quando veniamo alla luce dobbiamo liberarci, col pianto, di ciò che ostruisce le vie respiratorie. E ogni momento, dobbiamo far seguire un respiro al precedente. Cioè dobbiamo continuamente dire di “sì” alla vita che ci è stata data. Nella Scrittura, nel Vangelo di Giovanni al capitolo 3, si parla di questa “impossibile necessità”, nell’incontro di Gesù con Nicodemo. Per noi credenti la sorgente di questa possibile impossibilità è Dio stesso. E nello specifico, il Dio di Gesù Cristo».

L’incontro, moderato dall’architetto Silvio Cossa, punto di riferimento della comunità Bahá’í della Campania, si è concluso con l’intervento di Padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente della “Fraternità Arché”, che ha dichiarato: «più che riformare la chiesa, occorre che si rifondi la chiesa. Da una chiesa che si mantiene ferma nelle sue tradizioni, immobile custode della dottrina a quella che torna alla sorgente del Vangelo per essere luogo d’incontro, dove ogni persona sia accolta e rispettata nella sua dignità e libertà. Una chiesa evangelica, cristiana, di popolo, ecumenica e dei poveri».