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Wall-E

Wall-E è un robottino lasciato su una Terra abitata non più dagli umani, ma dalla munnezza, che egli diligentemente continua a raccogliere e a serrare in balle, con cui costruisce delle torri. Finchè arriva, scaricata da una nave spaziale, una robottina, Eve. Il titolo e nome del protagonista è l’acronimo di Waste Allocation Load Lifted-Earth (Class), ovvero un robot raccogli-spazzatura. Egli è solo su una Terra desolata, dove l’unico panorama sono queste terrificanti Torri fatte di balle addossate l’una sull’altra. E’ uno spettacolo apocalittico. Vi sono delle tempeste di sabbia, create dallo stesso inquinamento; ma tutto è immobile come in un eterno coma della natura. L’unica nota vivente è questo essere che, come un soldatino, minuto su una vastità sconfinata, continua imperterrito e sferragliante il suo lavoro, incurante delle difficoltà e del contesto. Il centro del film è basato su di lui. Questa figura, immaginata dal regista e dal produttore John Lasseter, fin dal 94, è, nonostante le apparenze, strutturata con un alto livello di sofisticata immaginazione. Il team Lasseter & Co, è fatto di persone che collaborano in modi sinergici. La complessità non è principalmente disegnativa, e nemmeno delle numerosissime citazioni filmiche che egli “attraversa” e rivitalizza, spesso con elegante ironia, sempre con grande disinvoltura, in una tecnica digitale arrivata a punte di grande precisione e accuratezza di dettagli realistici. Ma è la concezione del personaggio ad essere in sé originale. Il Robottino è un’allegoria dantesca della crisi cui l’umanità sta andando incontro se non cambia radicalmente strada, rispetto alla gestione dei rifiuti. Essi possono alterare in modi irreversibili le stesse condizioni di sopravvivenza dell’intera umanità. E ciò è detto, non dall’”estremista” MIchael Moore, o dal “liberal” Al Gore, ma da un prodotto di una Company quotata in borsa.. E soprattutto in modi artisticamente di una poeticità intensa e delicata. Wall-E è tutto giocato in una dimensione di totale ambiguità: sembra un bambino; come la metafora del primitivo roussoiano che scopre e affronta la solitudine e i sentimenti nella loro primalità, con tutta la ricchezza e l’intensità di chi si accosta ad un universo mai esplorato, che lo sorprende per la forza del suo ingenuo coinvolgimento. Ma è anche un adolescente, pieno di delicatezza e di amorevole empatia per la robottina Eve (acronimo di Extraterrestrial Vegetation Evaluator). Eppure, tutte queste caratteristiche rimangono profondamente inscritte nel suo essere un robottino da munnezza, gestito con coerenza grafica e tematica degna della teoria auerbachiana sulla Figura in Dante.

 

 

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