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Finestre sul Natale (prima puntata)

Con questa prima stazione di passaggio si apre un percorso che ci porterà a una ipotetica stazione di nome Natale, un percorso non di passaggio ma una sosta in stanze, abitate da uomini e da storie, da sguardi e da analisi che abitano i secoli o vivono la contemporaneità. Il nostro viaggio comincia con uno dei racconti più celebri su questo Evento: Racconti di Natale di Charles Dickens pubblicati nel 1852 (Rizzoli – 2006 – pp. 445 a cura di M.L. Fehr, con un saggio introduttivo di Stefan Zweig), che ebbero il merito di spalancare lo sguardo e di risvegliare l’assopita coscienza sociale sulla condizione degli ultimi e dei diseredati, dimenticati dall’ottusa superficialità borghese dei vittoriani. “Canto di Natale” (interessante anche nella pregevole riscrittura del grande poeta contemporaneo Roberto Mussapi in poesia), ad esempio, ebbe immediato successo fin dalla sua prima comparsa nel 1843. Si narra l’inquietante notte di Natale di Ebenezer Scrooge (di questa figura se ne ricorderà anche Walt Disney nel celebre Zio Paperone), divenuto un uomo d’affari avaro ed egoista, intento a contare il suo danaro e dimenticarsi dello spirito natalizio di un tempo passato. Però, nell’incombere della Vigilia, di notte gli si presentano tre spiriti: il fantasma del Natale passato, il fantasma del Natale presente e quello dei Natali futuri, che gli daranno pace e gli faranno comprendere nel loro apparire la sua condizione umana e il senso di appartenenza a un avvenimento che cambia la Storia. Questo primo racconto inaugurò una sorta di “saga natalizia” che portò Dickens a scrivere negli anni successivi altri quattro “Canti di Natale” che metteranno a fuoco la magia, il gioco, l’aspetto metafisico, una solitudine d’intenti, la miseria di un’infanzia sottratta che dispiega una satira sulla società in cui vive, che troppo spesso separa individui di diversa estrazione e, come descrive Stefan Zweig, si concentra sui particolari umili che offrono una specificità umana pura e innocente. Come ebbe a scrivere Louis Robert Stevenson: “Io ne ho letti due, e ho pianto come un bambino, ho fatto uno sforzo impossibile per smettere. Quanto è vero Dio, sono tanto belli, e mi sento così bene dopo averli letti. Voglio uscire a fare del bene a qualcuno [...]. Oh, come è bello che un uomo abbia potuto scrivere libri come questi riempiendo di compassione il cuore della gente!”. Un nostro grande autore della letteratura scrisse del Natale: è Luigi Pirandello, che pubblicò Sogno di Natale e altri racconti (Interlinea - 2010 - collana “Nativitas”, pp.117, a cura di Guido Davico Bonino). I nove racconti qui selezionati sono editi tra il 1896 e il 1935, un anno prima della scomparsa dello scrittore siciliano, e incentrati sul problema della fede o del tema della Chiesa (si pensi a “Il Natale sul Reno”). L’esperienza autobiografica di Pirandello trova qui pieno dispiegamento: i sapori, i riti, le gioie saranno vinti da una struggente malinconia o da una nostalgia di paesi lontani, nell’incertezza di un confine tra psicologia e speculazione. Non disdegna però Pirandello l’aspetto fantastico e onirico (“Sogno di Natale”), che cerca di allontanarsi dallo “scetticismo delle buone maniere” e si spinge verso i territori di un’umanità aperta a un Mistero, forse irrisolto, ma pascalianamente sentito. Le Favole di Natale di Gabriele D’Annunzio (Solfanelli editore, pp.96), piene di echi e di suggestioni provenienti da tradizioni popolari abruzzesi (La Leggenda in terra D’Abruzzo), risalenti alle specificità d’analisi di Finamore e De Nino nei paesaggi e nei detti, dei paesi che “fiorite di rose come un immenso rosaio odoravano nella notte” e da impianti tardo romantici, che in lui assumono un tono smaccatamente fantastico. Le leggende popolari, qui tratte da “Parabole e novelle” edite nel 1916, sono un eccezionale esempio di ri-scrittura e di ri-facimento, connaturato alla sua personalità artistica e poetico-letteraria, ma allo stesso tempo ricolmo di attesa intensa e delicata: «La notte era senza luna; ma tutta la campagna risplendeva di una luce bianca ed eguale, come un plenilunio, perché il Divino era nato». L’oralità vaga e indefinita, che intesse la trama di un amore incantato, assume un preciso temperamento peculiare e connaturato alla sua produzione, sia nelle tematiche sia nei processi creativi; di questo si ricorderà anche Italo Calvino nelle sue “Fiabe italiane”. Il breve studio di Sebastiano Vassalli Natale a Marradi. L’ultimo Natale di Dino Campana (Interlinea – 2008 - collana “Nativitas”, pp.64) traccia, in un autore a lui caro, un viaggio che, in un lontano 1916, Dino Campana e la sua compagna di vita e di letteratura Sibilla Aleramo compiono in quelle trincee di ricordi e di sensazioni. Un’illustrazione di tempo nel tempo felice, che tratteggia l’infanzia dinanzi agli occhi di un poeta, che concede il suo spazio di memoria alla donna che accompagna i suoi passi e i suoi moti, in luoghi in cui la guerra e il male sembrano stravolgere ma non distruggere del tutto ogni cosa. In L’albero di Natale (Rizzoli – 2010 - pp.34, a cura di E.Dragoni) Marc Boutavant, celebre illustratore francese di New York Times, Martha Stewart Kids e New Yorker, reinventa la fiaba del grande scrittore ottocentesco danese H.Christian Andersen. È Natale e le case degli uomini, raccontano i passerotti agli amici del bosco, si riempiono di addobbi e meraviglie: in ogni casa un grande albero, dominatore incontrastato della festa. Il nostro piccolo abete non vede l’ora di crescere per diventare uno splendido albero di Natale come gli abeti che lo circondano. Ma si appresta l’arrivo dei boscaioli che li tagliano e si avvicinano minacciosamente anche a lui. Che ne sarà dei suoi rami? Che ne sarà del suo desiderio, apparentemente mutilato da un male in agguato? Ai lettori il piacere di scopririrlo.

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