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Servizi (a)sociali. Seconda puntata: la storia di Marianna e Diego

Alle ragazze vengono assegnati i casi. Per molte di loro è la prima volta con i servizi sociali. Per molte di loro è la prima volta in generale. Ma come abbiamo detto si tratta di psicologhe, sociologhe, educatrici: vuoi che non sappiano “dare una mano” con i compiti pomeridiani dei ragazzini?

A Marianna viene affidato Diego. Le viene presentato come un ragazzone simpatico, il classico guappetiello di 14 anni con poca voglia studiare. Fin qui niente di strano. Le vien detto che con la vecchia tutor alle volte aveva “piccoli problemi di incomprensione” dovuti sicuramente all’eccessivo divario generazionale. Ma con Marianna certamente non accadrà, perché lei è giovane e carina, anzi, “Ti diremo di più: il Dirigente ti ha scelto e ti associato a Diego proprio in base alla tua foto sul curriculum, l’ha vista, gli sei piaciuta, e ha pensato che con un viso così angelico come il tuo, saresti stata perfetta!”.

Marianna si guarda bene dal commentare, non credeva sinceramente che una foto sul cv potesse “far furore” ai servizi sociali, come se si trattasse del casting per lavorare in un varietà.

Di lì a poco entra in un altro show, e scopre man mano che Diego non è semplicemente un simpaticone di periferia. Diego è il classico drop out scolastico. Per un giorno che entra, ce ne sono almeno dieci che passa con gli amici in sala giochi. Vive con la madre, un fratello e una sorella maggiori. Ha vissuto per un periodo imprecisato in una casa famiglia perché sua madre era stata dichiarata interdetta dalla potestà genitoriale a causa dell’alcool; del marito (e padre di Diego) si sa solo che la costringeva a fare cose “poco lecite”. Ecco uno stralcio della relazione che Marianna scrive alle assistenti sociali per descrivere uno dei pomeriggi- tipo a casa di Diego:

Ci sono i giorni dell’euforia, e quelli del silenzio, in cui si chiude in un mutismo assolutamente ermetico. Ma nella stessa giornata accade spesso che alterni comportamenti che definirei compulsivi, con momenti di apatia assoluta. In particolare la sua carica aggressiva si manifesta quando decido di rimanere oltre le ore sedici (orario da lui designato per uscire).

In un’occasione ha deciso di sbattere tutte le porte di casa, fare a pugni con le pareti e sottoporre il gatto a piccole torture, il tutto sotto i miei occhi. Dinanzi alle sue provocazioni, o (come in questo caso), ai suoi messaggi malcelati di richiesta di attenzioni, io decido di non reagire, o meglio, di astenermi da qualsiasi tipo di commento, verbale e non. Ciò non significa, ovviamente, che non senta dentro il peso frustrante di un’impotenza “di riflesso”, per questo suo percepirmi come la sola figura nemica che gli impedisca di perpetrare la sua condizione cronica di vagabondaggio nelle sale giochi del paese.

 

Marianna vorrebbe aiutarlo, ma vorrebbe anche capirci “qualcosa”. Ma naenache a dirlo le sue relazioni periodiche vengono ignorate. Le assistenti sociali le avevano detto che Diego era in terza media, mentre invece frequenta (si fa per dire) il primo anno di superiori; le avevano detto che sarebbe bastata un’ora al giorno di lettura, ma lui usa i libri solo per scaraventarli al muro (quando tutto va bene); le avevano detto che la situazione familiare del minore era notevolmente migliorata, ma che le condizioni economiche erano pur sempre “a rischio”, e invece Marianna vede campeggiare alle pareti schermi piatti, e tra le mani e i piedi del ragazzo ci sono ipod, telefonini ultima generazione, nike fiammanti sfoggiate con disinvoltura; le avevano detto che la madre si era trovata finalmente un lavoro onesto e serio per mantenersi.

Non le avevano detto che Diego rimane la maggior parte della giornata da solo, e di fatto la madre non detiene più alcun potere su di lui, per questo cerca di imporgli gentilmente delle regole (che ovviamente lui non rispetta) comprandogli regali costosi. Non le avevano detto che Diego non ha alcuna intenzione di andare a scuola. Ma soprattutto non le avevano detto che, nel bene o nel male, volente, nolente o dolente, il “caso” era suo: ovvero, prendere o lasciare. Dove prendere significa sobbarcarsi la frustrazione di far finta di lavorare; d’altronde la mamma di Diego le suole ripetere: “Non preoccuparti, Marianna, se non vieni lo capisco, e poi tanto io le firme sul registro che devi consegnare ai servizi sociali te le metto lo stesso”.

E lasciare significa abbandonare il caso: nella migliore delle ipotesi ce ne sarà un altro, con altri problemi, e un altro involucro di umanità da scartare come una caramella amara. Nella peggiore Marianna se ne tornerà a casa a inviare curricula mettendo bene in evidenza la sua bella foto; Diego rimarrà con i suoi giochi elettronici e i suoi bulli compagni di solitudine e scorribande urbane; quanto ai servizi sociali, avranno un fascicolo in meno tra le scartoffie che si accumulano in archivio.

-Continua-

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