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La collina del vento

La collina del vento
di Carmine Abate
Mondadori Editore
pp.260
€ 17, 50

Carmine Abate, speranzoso eppur ancora incredulo, vince il cinquantesimo premio Campiello con un emozionante viaggio negli amati luoghi della famiglia Arcuri, La collina del vento. Quel consueto gesto di tener strette le pagine tra le dita, quasi a strapparle, è un’involontaria pressione più forte di ogni logico tentativo di non farsi prendere troppo dall’avvincente storia. Continuo a stringerle come se fosse l’unico modo per intervenire, dita come se fossero parole, come se potessi intromettermi nella storia per essere ascoltata. Dire in un tempo che mi ha commosso, in un altro così tanto che non potevo diversamente, se non ingannarlo con un sorriso sorpreso. Colpa di quel linguaggio limpido e popolare, discorsi indiretti che ti accompagnano libero nei momenti topici dell’Italia del Sud, in particolare della terra che la famiglia abita, la Calabria. Parole come picconi che scavano intente a trovare i segreti più profondi e le città più antiche. Ogni cosa ben nascosta. Kirisma, sepolta secondo l’archeologo Paolo Orsi nell’aerea di Punta Alice, sensazioni chiarite dal ritrovamento ora di una statuetta, ora di monete antiche. Prove che millenni prima la città fosse realmente esistita. C’è una storia che sorprende rigo dopo rigo, non ti lascia mai stanco di voltar pagina, semmai esausto dalle continue prove emotive a cui ti sottopone. Ci sono attimi di commozione, alcuno ne passa senza emozione. Ognuno dei minuti spesi per conoscere questa fitta storia è tempo che il pensiero accoglie e nella memoria s’imprime, poi arriva dritto al cuore per restare almeno un po’ a gongolare, a riposare.
Un capolavoro di quale tempo? Del nostro nel passato. Un passato che non muore mai, ma che si tramanda di generazione in generazione. Passa da una bocca per un orecchio e arriva alla curiosità del prossimo, saziata solo quando il padre o la madre che sia, è pronto a raccontar al proprio figlio la verità dei segreti nascosti sulla collina dipinta di rosso. Il Rossarco. Segreti che hanno conosciuto occhi e poi spiegazioni, immaginazione e poi chiarimenti. Un passato ben legato al presente da una solida corda di onorevoli valori, mai smentiti o accantonati. Romantico? Un amore puro per l’amore stesso. Per un sacrificio che non conosce fatica se a ricompensarlo è l’orgoglio di fare il bene dei propri cari. Amore per la sua collina, per quel vento che a volte graffia e poi accarezza. Per quel paesaggio, per il mare che confina con ogni sguardo. Amore per l’amor più intimo, quello dei suoi seni, del suo corpo. Dell’amarlo con la passione e l’eccitazione di ogni notte come se fosse la prima e l’ultima. Amore che si stringe dinanzi un focolare, che si consuma a letto eccitato. Amore sotto un sole che riscalda e fa sudare, amore che mastica ogni frutto, ogni ulivo, ogni morso al loro prodotto, ogni sorso di vino bevuto. E’ la loro terra e la difenderanno ad ogni costo e con ogni mezzo dalle continue intimidazioni mafiose e dalle assidue proposte di costruire moderni scempi. A costo di essere mandati al confine per lunghi anni, di ingoiare litri d’olio o a far crescere un figlio lontano dalla propria terra. Di sparire o di morire. Un luogo e un uomo possono essere tutto o niente, un innocuo promontorio e delle semplici spalle. Un ritrovo o un corpo sprovvisto. Tutto dipende dall’amore che vogliono i tuoi occhi e le tue mani donare a due maestosi corpi, a una montagna di roccia e una di ossa. Una città ha un’anima e riflette quella di chi la abita. Arriveranno le pagine ultime e con loro, l’inconfondibile ansia d’attesa. La curiosità ti divorerà lo stomaco, come se nonna Sofia, Arturo o Ninabella li avessi realmente conosciuti. Mi fermo, sospiro, pronta al peggio. Immagino il meglio, mi convinco che l’autore abbia il buon senso di non lasciarmi la tristezza sulle labbra della notte. Proseguo. Sarai pronto a sperare che il finale non ti deluda, che sia esattamente come ogni pagina del libro, una fantastica sorpresa. Un intreccio perfetto di più generazioni in una sola storia. E’ il momento di chiederti come mai non ci avevi mai pensato a quegli spari, a capire, a indovinare, al grigio di quegli occhi spalancati. Tanto ti concentra questa storia che egoista non lascia spazio all’immaginazione di volare e realizzare il banale meccanismo di proiettare la tua esperienza per coglierne il futuro di altre. La fine della storia è arrivata, ora potrai non finalmente chiudere il libro, hai saputo tutto ma ancora non ti sei accorto che l’unico rimasto intrappolato lì dentro sei tu.

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