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Maestri d’ascia, tra terra e mare

Via del Porto, Torre del Greco. Picchia il sole lungo la stradina che conduce al molo. La voce di un gabbiano saluta il treno dell’ora di punta. Grandi capannoni in lamiere nascondono i segreti di un mestiere che affonda le radici in decenni di duro lavoro. Il rumore di una macchina, il vociare dei lavoratori, l’odore della segatura che si mescola con la brezza marina e le barche immobili, quasi innaturali rimembrandole tra le onde, come fossero auto parcheggiate nelle officine meccaniche. Il cantiere navale Di Donato si trova al centro di ben sei cantieri dalla storia secolare. Natale Guida, maestro d’ascia, lavora dal 1972 con le barche. Terminate le scuole medie si affianca ad uno zio, titolare di un altro cantiere. Inizia la gavetta come tanti, fa “ ‘o guaglione ” portando l’acqua ai vecchi, preparando i chiodi, assistendoli in ogni mansione utile al lavoro. Una scuola di vita quotidiana in questo lembo di terra che affaccia sul mare. Occhi attenti che hanno appreso giorno dopo giorno, con passione e astuzia, rubando l’arte degli anziani, orgogliosi depositari della tradizione torrese più conosciuta assieme alla lavorazione del corallo. Del resto, lo ammette lui stesso: << se non sei ladro di mestiere, non vai avanti>>. L’officina sembra un dipinto antico, con gli uomini seduti assieme dopo il pranzo, prima di ricominciare ad offrire la loro professionalità al servizio di un lavoro antico e moderno. Di lato sta un barca, il cui nome ne svela la provenienza. Novella delle Eolie <<è un caicco, un’imbarcazione di produzione turca…il proprietario però è siciliano>> dice Antonio Sannino, carpentiere, indicando un imponente veliero dai colori vivaci. Accanto a lui, trova spazio un’antica sega a nastro con su scritto “Premiata Fabbrica Vittorio Alberti. Milano 1935”. Il cantiere si occupa principalmente di rimessaggio e ristrutturazione, pitturazione e rifacimento. Accoglie barche da diporto e da pesca:<<tonnare, pescherecci e cianciole per la pesca del pesce azzurro>>. Il signor Guida è maestro d’ascia, titolo che si consegue sostenendo un esame presso la capitaneria di porto. Preleva un’ascia dal retro tra gli attrezzi antichi adagiati alla rinfusa, mostrandone il suo utilizzo su un avanzo di legno: <<serviva a levigarlo, a rifinirlo minuziosamente, un lavoro duro che richiedeva tempo e pazienza>>. Le macchine moderne hanno ormai sostituito quasi del tutto questo arnese, come la piattella elettrica. Quasi del tutto perché è ancora utilizzata nelle incavature della poppa. Giunge al cantiere Pasquale Di Donato, 45 anni, titolare dello stabilimento e figlio d’arte, si direbbe, avendo ereditato dal padre quello che definisce un <<mestiere di manualità>>. E’ perplesso su quest’attività, soprattutto sul futuro: <<manca la manodopera specializzata, non esistono corsi di avviamento professionale, si sta perdendo la tradizione e la volontà>> afferma scuotendo il capo. Tutto d’un tratto suona tremenda la sirena della seconda guerra mondiale, la stessa utilizzata durante i bombardamenti, montata sul cantiere per richiamare al lavoro il carpentiere, il verniciatore, il falegname e il fabbro. Il suono immediato fa scattare di colpo il sottoscritto durante la conversazione che sa di mare e di storia, di un passato nobile e di un presente incerto. A dare slancio e vigore interviene la memoria fatta di una dedizione e di un sacrificio che hanno portato lontano il cantiere. Pasquale non tradisce un certo orgoglio familiare tramandato da più di 4 generazioni. In ufficio, appese alle pareti, le foto in bianco e nero delle barche realizzate dal padre negli anni ’50 per il colossal Cleopatra e un certificato risalente al 14 luglio del ’62 della Twenty Century Fox che attesta la professionalità del padre. Altre foto a colori ritraggono barche dei decenni scorsi. Una su tutte: <<una pazzia>>, è una barca a vela da competizione del 2000. Non mancano punti d’orgoglio nel presente recente. La ricostruzione della barca di Caligola nel lago di Nemi e la ristrutturazione della barca a vela di 115 anni appartenente ad un noto albergo sorrentino. I problemi tuttavia non mancano. Il rispetto delle direttive europee non consente il rilascio di nuove licenze di pesca, tagliando di netto la costruzione di nuove barche ad opera di una maestranza torrese specializzata, che non condivide nulla con i profili professionali di terra. Il passato glorioso è imparagonabile col presente, sul quale gravano le difficoltà nel convertire l’attività a seconda della nuova domanda: barche in metallo e in vetro resina. Le infrastrutture rappresentano un nodo cruciale. Pasquale sorride: <<tiriamo le barche come 100 anni fa>>. Osservo dalla finestra i pezzi di legno lunghi 22 metri, sui quali vengono tirate le barche grazie ad un argano. Sei persone necessarie e una giornata e mezzo. Con un travel lift, un moderno carrello elevatore si abbasserebbero i costi e l’enorme dispendio di fatica. Per questa ragione i 6 cantieri hanno presentato alla Regione il progetto di una banchina di 30 metri. Molteplici i vantaggi: sicurezza, occupazione,automazione. Tuttavia un articolo di non so quale legge afferma l’impossibilità di modificare la linea di costa ed il progetto resta sulla carta. Eppure è stato approntato anche un progetto di riqualificazione dei vecchi cantieri ma la licenza demaniale, rinnovabile ogni 4 anni, non consente di fare piani a lungo termine e di accedere a contributi economici. A ciò si aggiunge la mancanza delle fogne nel porto, sostituite dai pozzi, che sottolinea l’assenza delle infrastrutture minime per lavorare al passo con i tempi e con una concorrenza spietata. Prima di andare via, il mio ultimo sguardo è per una corallifera a vela: secondo la struttura tracciata su di un grande foglio ingiallito risalente al 1898, è lunga 18 metri e mezzo. Pasquale ha due figli e non ha dubbi quando parla del loro futuro: <<no, loro faranno tutt’altro>>. Ci congediamo mentre la Novella si lascia curare sotto il sole di Torre del Greco, maestosa e silente, prima di tornare a solcare le onde del mare.

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