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Oltre i proclami. Una recente lettera pastorale di monsignor De Luca

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La recente Lettera pastorale, consegnata alla Chiesa che è in Teggiano-Policastro dal suo vescovo monsignor Antonio De Luca (Lettera pastorale «Ci siamo affaticati e non abbiamo preso nulla» (Lc 5, 1-11). Per un rinnovato impegno di evangelizzazione nella Chiesa di Teggiano-Policastro, 4 giugno 2018, Dominuco editore, Sapri (SA) 2018), ha un punto di riferimento saldo, un perno di inestimabile valore. Tale architrave è la Sacra Scrittura. Infatti, l’analisi e il messaggio del vescovo si rifanno prevalentemente al Vangelo secondo Luca capitolo 5, versetti 1-11. La Lettera, dopo una densa introduzione (cf. n. 1), si divide in due parti: la prima (nn. 2-10) si propone di illustrare il “rinnovato impegno di evangelizzazione nella Chiesa di Teggiano-Policastro” a partire da alcune considerazioni ritenute cogenti dal vescovo diocesano e affronta specifiche tematiche sul ruolo missionario della chiesa “in uscita”; mentre la seconda parte (nn. 11-40), lasciandosi guidare più direttamente dal capitolo 5 del Vangelo di Luca, si propone di offrire specifiche considerazioni e indicare diversi impegni per il servizio di evangelizzazione di quelle persone che abitano il territorio diocesano, soprattutto sottolineando l’importanza dell’imminente visita pastorale – indetta dal vescovo – per conoscere, condividere, incoraggiare, correggere, spronare sulla via della missione e del consolidamento delle buone prassi pastorali.

Monsignor De Luca non si esonera da una attenta e meticolosa lettura ed analisi della vita delle comunità della diocesi, soprattutto lasciando emergere i grandi temi dell’evangelizzazione e della catechesi, ribadendo, quindi, l’essenziale della pastorale e della missione ecclesiale: gettare le reti sulla Sua Parola. In quest’ottica, occorre piena fiducia nel Signore, che non manda i suoi discepoli a conquistare terre e a fare proseliti, ma ci invia a essere testimoni del suo Amore. La missione dei cristiani non consiste nell’accumulare successi, ma nel servizio al prossimo in ogni condizione sociale, culturale, etnica, economica, morale e in ogni altra situazione si possa trovare.

Se questo è il compito primario individuato, il modo con il quale i discepoli-missionari si devono relazionare alla realtà è il confronto fraterno e la fiducia nella Parola del Signore (cf. LP, n. 40). Il lavoro dei cristiani non è quello di impegnare parole umane per convincere gli altri a seguire un modello di vita appagante. Lavorare sulla sua Parola significa abbandonare ogni certezza umana, o meglio lasciare che le certezze umane possano facilitare il riconoscimento della concretezza della Parola di Dio, che è via, verità, vita.

Secondo il vescovo, alcune proposte possono aiutare la riflessione per una azione più incisiva delle comunità a sostegno delle famiglie e dei giovani per la loro formazione religiosa e motivazione cristiana. La scelta, per così dire strategica, ricade, da parte dei vescovi italiani, ancora una volta sulla parrocchia, comunità generante e testimone della fede, famiglia di famiglie. Per orientare in modo opportuno l’azione ecclesiale delle chiese particolari, l’episcopato ha puntato tutto sul processo educativo e sui metodi di trasmissione dei valori umani e cristiani, appoggiando e incentivando muove modalità di formazione permanente. Prima di tutto è necessario riorganizzare le attività per l’iniziazione cristiana, rendendo realmente significativo il percorso educativo e formativo della proposta delle comunità ecclesiali visibili nelle parrocchie, proprio perché la crisi pastorale è in un certo modo indice di una più ampia crisi valoriale e formativa.

Condividendo la preoccupazione di papa Bergoglio, l’attenzione di monsignor De Luca è rivolta essenzialmente a un processo di evangelizzazione autentica, informato da un principio di realtà. I diversi contesti, almeno per quanto concerne i cosiddetti Paesi sviluppati, sono stati caratterizzati, negli ultimi due secoli, da «una rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana nel popolo cattolico» (Francesco, Evangelii gaudium, 70). Se in modo lucido Francesco ammette la delusione di molti rispetto al cristianesimo e il rifiuto di altri di identificarsi con la tradizione cattolica, con altrettanta chiarezza il vescovo di Teggiano-Policastro non teme di proporre un bilancio dalle “mani vuote” perché l’intenzione dei discepoli in qualche caso è stata rivolta più al fare che all’essere.

Sono fondamentali per il vescovo il discorso educativo, l’ambito della famiglia e l’attenzione per i giovani. Nello scenario inedito odierno, aumentano casi di genitori lontani o indifferenti alla fede ricevuta dalla famiglia di appartenenza e si rifiutano o si astengono dal loro compito di primi educatori della fede. Molte sono le cause della complessa situazione di rottura da inventariare e analizzate. Tra queste, «la mancanza di spazi di dialogo in famiglia, l’influsso dei mezzi di comunicazione, il soggettivismo relativista, il consumismo sfrenato che stimola il mercato, la mancanza di accompagnamento pastorale dei più poveri, l’assenza di un’accoglienza cordiale nelle nostre istituzioni e la nostra difficoltà di ricreare l’adesione mistica della fede in uno scenario religioso plurale».

In tale ottica di verità, occorre ripercorrere con sincerità i fallimenti, riconoscerli senza temere la disfatta. In questo processo, è necessario inaugurare una cultura della valutazione per essere realmente chiesa in un contesto storico sempre più in crisi, dove la “fede” deve sempre di più essere intesa come un “travaglio”. «Dal punto di vista pastorale – scrive il vescovo –  abbiamo bisogno di verifica che necessarie e di una leale assunzione di responsabilità. Abbiamo espresso nell’ambito dell’evangelizzazione, per decenni, una creatività ecclesiale e una forza persuasiva che ha contribuito notevolmente a costruire le identità, i percorsi, e le appartenenze, fatte di passione civile, e di vicinanza ai più deboli» (n. 1).

Valutare significa evitare il pericolo della autoreferenzialità per far spazio alla Parola del Signore che ci invita a gettare nuovamente le reti. Tuttavia, i veri discepoli che si sentono missionari si domanderanno: davvero abbiamo lavorato molto, ci siamo affaticati?